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«Volevo solo dire che sono innocente». Le uniche parole pronunciate da Moussa Sangare alla Corte d'Assise di Bergamo hanno scatenato le reazioni dei parenti e del fidanzato di Sharon Verzeni. L'uomo è a processo per l'omicidio della notte tra il 29 e il 30 luglio 2024. Rivediamo quanto era successo.
Il giallo dell'omicidio
Era il 29 luglio 2024 quando a Terno d'Isola, in provincia di Bergamo, Sharon Verzeni è stata uccisa intorno alle una di notte.
La barista 33enne originaria di Bottanuco era stata soccorsa con ferite da arma da taglio al torace e alla schiena in via Castegnate. La sera era abituata a fare jogging con la musica nelle cuffiette, una routine per restare in forma. Per un mese si è cercato di capire chi era stato a decidere che quella era stata l'ultima notte di Sharon. Per le strade della piccola comunità serpeggiava la paura che un uomo, che restava dell'ignoto, potesse decidere di uccidere anche altre persone.
L'alibi di ferro del fidanzato
Le forze dell'ordine cercarono ogni tipo di inizio nell'abitazione di Sharon e nella sua via. Interrogarono anche gli abitanti di via Castegnate, con la speranza di trovare qualche testimone. Tra questi c'era anche il suo compagno, Sergio Ruocco, che è stato ascoltato per 5 ore dai carabinieri. L'idraulico 38enne aveva riferito che si trovava a letto in attesa che lei rientrasse e solo il giorno seguente aveva scoperto della morte. Era stato anche fatto spogliare per valutare la presenza di eventuali escoriazioni compatibili con un tentativo di difesa da parte della vittima. La versione dei fatti da lui raccontata veniva confermata dal sistema di videosorveglianza, dato che nessuno era uscito dall'abitazione dopo Sharon. Nessun dubbio concreto quindi sulla sua colpevolezza.
Nessun movente
Dopo 30 giorni era stato scoperto che Moussa Sangare era colpevole. Nel tempo delle indagini era tornato a Suisio, il paese dove abitava. Usciva solo la sera tardi, con gli occhiali da sole, un fresco nuovo look, la bici modificata con il cambio di manubrio e catarifrangenti. È emerso che non aveva un movente. Ha raccontato al Giudice delle indagini preliminari (Gip) Raffaella Mascarino: «Appena l'ho toccata ha iniziato a tremare. Se mi avesse spintonato, sarei scappato». Prima di accoltellarla le ha detto: «Scusa per quello che ti sto per fare». E La donna mentre era colpita chiedeva: «Perché? Perché?». Sangare ha raccontato di essere poi fuggito in bicicletta. Era uscito dalla sua casa occupata di Suisio un'ora prima del delitto con un coltello con l'intenzione di colpire una qualsiasi persona. Per questo si era aggirato a Terno d'Isola; ma prima, durante il percorso, aveva minacciato due ragazzini. Poi ha visto Sharon e l'ha seguita, bloccando la donna, ha raccontato, che «guardava le stelle con le cuffiette», e colpendola puntando al cuore. Quindi altre tre coltellate al corpo per fuggire a tutta velocità in bicicletta.
La perizia psichiatrica
L'avvocato Giacomo Maj, legale di Moussa Sangare, reo confesso dell'omicidio di Sharon Verzeni, ha chiesto una perizia psichiatrica sulla capacità di stare in giudizio e sulla capacità di intendere e di volere al momento del fatto del suo assistito. Il legale ha parlato di «atteggiamenti distaccati dalla realtà» di Sangare in base ad alcune relazioni. Il pm di Bergamo Emanuele Marchisio si è opposto alla concessione. Il Pm ha sottolineato come dopo il delitto Sangare si sia comportato «con una certa intelligenza»: «È scappato, ha cambiato la bicicletta, si è tagliato i capelli». Ritenerlo incapace di stare in giudizio è una «forzatura logica». Già il Gip di Bergamo Raffaella Mascarino aveva considerato lo stato mentale di Sangare come pienamente integro quando ha ucciso Sharon. Durante l'interrogatorio durato un paio d'ore nel carcere di Bergamo, Sangare avrebbe confessato anche di non aver gettato il coltello nel fiume per «Tenerlo come ricordo». «Se pure le motivazioni addotte dall'indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue può destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l'omicidio però la lucidità mostrata nell'adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al delitto (...) e anche gli accorgimenti dei giorni seguenti evidenziano uno stato mentale pienamente integro». Lo scrive il gip di Bergamo Raffaella Mascarino nel provvedimento con cui ha convalidato il fermo e disposto il carcere per Moussa Sangare.