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IL CAIRO. «L’Unione europea e l’Egitto continueranno a cooperare per sostenere gli sforzi dell’Egitto nell’ospitare i rifugiati ed entrambe le parti sono impegnate a tutelare i diritti dei migranti e dei rifugiati». Nemmeno le cautele del linguaggio diplomatico di questo passaggio, infilato verso la fine della bozza delle dichiarazioni congiunte tra Bruxelles e Il Cairo, riescono a nascondere il vero obiettivo della missione che oggi riunirà in Egitto, di fronte al presidente Abdel Fattah Al-Sisi, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e la premier italiana Giorgia Meloni.
Soldi uguale stabilità, uguale meno partenze di migranti: l’equazione è la stessa ovunque nei Paesi del Nord Africa che finiscono fin dentro il Mediterraneo, tutti più o meno schiacciati da regimi autocratici, da raìs in cerca di finanziatori che siano in grado di compensare una crisi economica e sociale permanente. L’Egitto, in tal senso, è un gigante infragilito con cui l’Ue deve fare i conti al più presto.
Non c’è solo l’Italia a temere la bomba economica e sociale su cui è seduto Al-Sisi. Che sia un timore diffuso lo prova anche la composizione della delegazione europea in visita oggi a Il Cairo. Assieme a Von der Leyen e Meloni ci saranno Alexander De Croo, premier belga e qui nelle vesti di presidente di turno dell’Ue, il premier greco Kyriakos Mitsotakis e il presidente cipriota Nikos Christodoulidis, due Paesi che hanno enormi interessi convergenti con l’Egitto e in chiave anti-turca nella zona orientale del Mediterraneo. Ci sarà anche il cancelliere austriaco Karl Nehammer. La presenza di quest’ultimo non era scontata. I confini in comune con l’Italia, la questione non risolta delle migrazioni secondarie, rendono l’Austria un Paese interessato ai progetti di contenimento dei flussi. E per Meloni è significativo che a far parte del Team Europa ci siano anche i leader del Nord dell’Ue, e non solo chi è immediatamente coinvolto dalle frontiere del Mediterraneo.
Il capitolo immigrazione è appena un paragrafo, poche righe al termine delle dichiarazioni che oggi saranno cofirmate dalla delegazione Ue e da Al-Sisi, e dove si parla di «sostegno finanziario» che Bruxelles continuerà a «fornire» per sostenere i programmi legati alla migrazione: 7,4 miliardi secondo il programma Ue. In realtà nel documento c’è molto di più. Perché il tema fa da sfondo agli altri obiettivi e alle preoccupazioni italiane, a partire dal capitolo della «stabilità economica».
L’Egitto è un Paese piegato dall’inflazione, con un debito gigantesco, un esercito che grava sulla sostenibilità delle finanze pubbliche. Fattori tutti interni che vengono complicati dalla geografia. Il Paese è incastonato tra la Libia smembrata, il Sahel dei colpi di stato a catena, e quella striscia di terra che è la ferita sanguinante di Gaza. Sono i tre fronti in Egitto che preoccupano il governo italiano. Dal Sud, quasi tutti dal Sudan martoriato dalla guerra civile, sono arrivati 9 milioni di sfollati. Come la Turchia, spiegano fonti diplomatiche, da Paese di transito si è trasformato in Paese di destinazione. I numeri però si fanno sentire di più quando l’economia non gira al meglio, i prezzi salgono, il grano scarseggia, il malessere sociale aumenta. Una realtà che è pronta deflagrare se a questo disagio si sommano i problemi che deriverebbero se il fiume umano di palestinesi prigionieri a Rafah, al confine di Nord est, dovesse riversarsi nel territorio egiziano. Un fronte, quello che ha incendiato il Medioriente, aggravato dagli Houthi, i ribelli yemeniti affiliati a Teheran che a colpi di missili tengono sotto scacco il corridoio di Suez.
Meloni non nutre dubbi sulla strategia di stabilizzare l’area nordafricana, per evitare nuovi arrivi dei profughi, finanziando i regimi. Anzi, a Palazzo Chigi si mostrano i dati degli sbarchi nei primi tre mesi dell’anno, in netta diminuzione sullo stesso periodo, che va fino al 15 marzo, del 2023. Dati che dicono meno 67%, perché da 19.937 si è scesi a 6.562. Cifre che non frenano Elly Schlein: «Trovo gravissimo – attacca la segretaria del Pd - che la presidente della Commissione Von der Leyen voli in Egitto con Meloni per promettere risorse al regime di Al-Sisi in cambio del controllo e dello stop alle partenze». Un approccio che «in questi anni ha solo calpestato diritti fondamentali e non ha prodotto una soluzione di solidarietà europea». L’Europa è appena entrata in campagna elettorale ma le dichiarazioni di Schlein, membro del Pse, sono di un certo impatto, visto che con Von der Leyen, presidente uscente in quota Ppe e in corsa per il bis, condivide la stessa coalizione a Bruxelles. Nell’incertezza degli scenari sui futuri equilibri europei, Von der Leyen sembra ormai seguire Meloni. Sicuramente sui migranti. Era con lei a Tunisi la scorsa estate, ed è oggi con lei al Cairo a firmare un patto simile a quello siglato con Kais Saied.
A nulla è valsa la risoluzione votata a maggioranza dall’Europarlamento contro gli aiuti finanziari a un autocrate che soffoca i diritti umani. Né è pesato l’appello di Amnesty International ai leader che oggi incontreranno Al-Sisi, ognuno in un breve bilaterale. Eve Geddie, capo dell’ufficio europeo dell’organizzazione internazionale ha ricordato come le autorità egiziane arrestino e detengano «arbitrariamente e in condizioni disumane rifugiati, richiedenti asilo e migranti». Abusi che gli europei in visita dal presidente egiziano «non possono ignorare». Gli interessi di Stato hanno vinto anche sul tabù diplomatico dell’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni e dei depistaggi del Cairo.