Non ho mai amato un’idea caricaturale di Napoli, mi dà fastidio il racconto in cui il napoletano è uno che deve fare casino, deve dare pacche sulle spalle, addà sapé cantà – dice il sindaco Gaetano Manfredi a Claudio Velardi in una bella conversazione su Italia Oggi. E ancora: non dobbiamo diventare prigionieri di uno stereotipo, perché ci ghettizziamo, sfociamo nell’autopregiudizio, e sono poi gli stessi napoletani a convincersi che le cose vanno peggio di come sono nella realtà. Vorrei dire al sindaco di Napoli che l’autopregiudizio è la più grave delle nostre malattie. Non c’è città in cui l’autopregudizio non ceda il passo all’autodiffamazione. E vale per l’Italia intera, impegnata in un dibattito pubblico surreale, di militarizzazione delle parole e delle piazze, terrorizzante, tintinnante di manette, e nonostante l’Italia sia il paese più sicuro d’Europa.
Ma preferiamo vederci così, dentro la sparatoria che non c’è. Poi, certo, su Napoli insiste un immaginario che talvolta indugia nella mitologia: il mare, le canzoni, la pizza e il romanzo criminale. O è Gomorra o non è Napoli. Qualche giorno fa, il prefetto Michele Di Bari ha detto che nel 2024 i reati sono calati rispetto al 2023 di oltre il quattro per cento. Ci sono stati meno omicidi, meno furti, meno rapine. In crescita sono soltanto le estorsioni, o meglio le denunce d’estorsione, sintomo dell’aumento di napoletani che non ci stanno e si affidano allo Stato. Non ho visto notizie, approfondimenti, editoriali. Questa Napoli non interessa, caro sindaco Manfredi. Napoli interessa se canta e se spara, e se spara di meno si fa finta di niente.