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Parliamo del PIL, cioè del Prodotto Interno Lordo italiano. Confindustria ha recentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL italiano per il 2025, stimando un aumento dello 0,6%, inferiore rispetto alle previsioni precedenti dello 0,9% e inferiore alla stima del governo italiano che era dell’1,2%, cioè la metà di quello che si era previsto.

Per il 2026 naturalmente si prevede sempre una crescita dell’1%. Queste revisioni sono influenzate dalle elevate incertezze legate alle tensioni commerciali globali, in particolare ai dazi imposti dagli Stati Uniti. In uno scenario di escalation protezionistica Confindustria avverte che la crescita del PIL potrebbe ridursi ulteriormente allo 0,2% nel 2025, allo 0,4% nel 2026. Insomma, uno scenario di stagnazione.
Investimenti giù, produzione ko: l’Italia rischia il blocco economico
Il presidente di Confindustria Emanuele Orsini ha sottolineato la necessità di misure straordinarie e di un cambio di rotta a livello europeo per affrontare queste sfide economiche.
Beh, secondo me bisogna proprio avere un cambio di rotta totale sulla scena politica europea, perché evidentemente il modello economico adottato fino ad oggi non funziona. Inoltre il Centro Studi di Confindustria evidenzia un calo degli investimenti previsti in diminuzione dello 0,8% nel 2025: gli investimenti scendono. Con un recupero dello 0,9% nel 2026 indicando una stagnazione nel biennio 2025-2026, cioè l’industria è ferma.
La produzione industriale ha registrato un calo dell’8,1% negli ultimi due anni e mezzo, cioè sostanzialmente noi abbiamo perso l’8% di produzione industriale in poco più di due anni, il che significa che perdiamo un 3-4% all’anno: è evidentemente drammatico. “Sollevando preoccupazioni sul rischio che il declino dell’industria italiana diventi strutturale”. Ma va? Cioè sono vent’anni che il declino dell’industria italiana è strutturale.
Quando si sveglieranno sull’Europa?
Sono vent’anni che assistiamo a una fiducia cieca di tutti gli organi di informazione, le università, i centri culturali e ovviamente il mondo politico alla totalità del “viva l’Europa”. Poi sul “dobbiamo fare taglio di spesa pubblica”, eccetera. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Adesso si darà la colpa a Trump, ma evidentemente sono vent’anni che sbagliamo politica economica. E quindi la domanda vera è: quando si deciderà di affrontare questa tematica da un punto di vista di pianificazione strategica politica italiana (come io faccio con le piccole e medie imprese)?
Malvezzi Quotidiani, comprendere l’Economia Umanistica con Valerio Malvezzi