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Storia del costume, a Pinerolo apre la mostra "Eleganza in uniforme": c'è anche la toga di Lidia Poet

5 mesi fa 3
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Il 16 giugno si inaugura a Pinerolo la mostra "Eleganza in uniforme: un racconto di moda e storia militare", allestita dal Consorzio Turistico Pinerolese e Valli presso il Museo Storico dell’Arma di Cavalleria. Un' esposizione, aperta gratuitamente al pubblico durante l'estate e l'autunno, che invita i visitatori a scoprire il legame tra la moda femminile e le divise militari, narrando la storia della Scuola di Cavalleria dal 1849 al 1943.

L'evento è anche un'importante iniziativa per la promozione dell'uguaglianza di genere, presentando una visione inclusiva della storia militare e dell'equitazione, mettendo in luce il contributo delle donne. Rompendo con la tradizione maschilista, la mostra celebra il ruolo delle donne nella cavalleria, accostando la loro figura a quella maschile e dedicando uno spazio alle amazzoni, valorose cavallerizze che hanno superato i limiti sociali per perseguire la loro passione.

A comporre l'esposizione, circa 40 pezzi di abbigliamento, oltre a cappelli, copricapi e corsetti. Curata da Laura Tessaris, esperta in storia del costume, la mostra offre un'analisi delle evoluzioni stilistiche e delle vicende personali legate ai capi esposti, tracciando un percorso che va dalle eleganze degli abiti da ballo ottocenteschi alla sobrietà dei completi femminili degli anni '40, ispirati alle uniformi militari.

Le "chicche" della mostra

La chicca? Un abito della Contessa Sofia Cacherano di Bricherasio (1867-1950), pittrice e filantropa. Se la famiglia Cacherano di Bricherasio era solita vestire in maniera elegante, quello esposto è un abito da cavallerizza, invernale, pensato per andare in carrozza o a cavallo. Del 1890, è in lana, con un corpetto beige con finiture di lana tartan marrone e una gonna tutta tartan marrone drappeggiata da un lato, asimmetrica: un capo, dunque, funzionale per gli spostamenti e non particolarmente elegante.

Altro pezzo da non perdere è la toga di Lidia Poet, prima avvocatessa d'Italia, protagonista di una serie tv su Netflix, originaria del piccolo e vicino comune di Perrero. È esposta accanto a due abiti valdesi (uno proprio di Lidia e uno, originale, dello stesso periodo). Alcuni dei capi arrivano dall'Archivio Aldo Passoni Torino, altri appartengono alla collezione unica di Alessandro Ubezio, in arte "Anti Costume", altri ancora sono stati realizzati dalla curatrice Tessaris. I pezzi sono ricostruzioni di abiti d’ epoca realizzati con grande maestria e tecniche storicamente accurate.

La visita al museo diventa, così, una passeggiata dove i manichini giocano con l’arredo: il museo prende vita e l'eredità della cavalleria vive attraverso gli occhi della moda femminile. Ecco un corsetto, realizzato da Laura Tessaris grazie a un modello conservato in un archivio di Londra: fedelissimo, è un modello del 1888, con fianchi alti, per andare a cavallo.

E se non mancano due abiti da sposa, uno dell'austera epoca vittoriana, di colore nero, originale, e l'altro, sua fedele riproduzione, ma firmato da Alessandro Ubezio in bianco, lo sguardo si perde, poi, sugli abiti da sera: Tessaris firma la riproduzione di un abito da sera ispirato al 1850 (che, indossato da una modella, è l'immagine guida della mostra); c'è la riproduzione di un capo del 1860, verde smeraldo, dalla vita piccola e con la spalla scoperta e la gonna larga; uno originale nero e uno riprodotto (bordeaux e nero) d'inizio 1900 (1907-1908), lavorati con perline, con colli alti e maniche che non arrivano oltre il gomito.

L'abito più fotografato

E, ancora, ecco la riproduzione di un abito da giorno del 1855 in tessuto lavorato rosso ciliegia, con manica particolare, spalla scivolata e colletto in pizzo, e un completo da giorno del 1887. E, poi, abiti Anni Trenta e Quaranta, e giacche. L'abito più fotografato? Un capo blu elettrico, in chiffon e seta leggerissima drappeggiata: una piuma gira intorno vestito di perline. Infine, i cappellini, con una collezione che spazia dagli Anni Venti a creazioni con velluto, pelliccia e piume. Un tocco di eleganza, accanto a elmi e copricapi già presenti nella mostra permanete del Museo.

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