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Chiude a Collegno, ma investe a San Salvo in Abruzzo. È quanto deciso da Te Connectivity Italia che inaugurerà un parco fotovoltaico in provincia di Chieti. Un investimento che verrebbe realizzato per ribadire l'impegno dell'azienda a favore del territorio e della comunità locale all’insegna della sostenibilità. A storcere il naso però sono i sindacati torinesi che negli ultimi mesi si sono battuti per scongiurare la chiusura del sito di Collegno e scongiurare il licenziamento di 225 lavoratori. "Gli obiettivi green dell’azienda sono così ambiziosi che i prodotti che vengono tutt’ora fatti a Collegno per il mercato italiano ed europeo saranno prodotti in Cina e USA alla faccia della sostenibilità e dell’etica", si legge in una nota di FIM e FIOM, "Ci devono spiegare cosa c’è di green e responsabile nello spostare dall’altra parte del pianeta la produzione di piccoli connettori, licenziando 225 lavoratori, per poi spedirli da questa parte del mondo. Può esserci sostenibilità ambientale senza quella sociale? Può una multinazionale come TE considerare solo il massimo profitto?".
"Il confronto preventivo con le organizzazioni sindacali sulle scelte strategiche delle aziende, soprattutto quando si tratta di licenziamenti e chiusure di siti e delocalizzazioni, dovrebbe essere ulteriomente rafforzato dalla normativa e diventare prassi nelle relazioni sindacali. Diversamente, un po' come accade oggi, si continuerà ad intervenire esclusivamente per occuparsi delle conseguenze di tali scelte", spiega Marco Barbieri di FIM Torino e Canavese.
"La normativa italiana sulla delocalizzazione è inefficace nella tutela di lavoratori e lavoratrici e del nostro territorio: serve una normativa europea che renda antieconomico lo spostamento delle produzioni e che al contempo crei le condizioni per l’insediamento e la permanenza di imprese. Serve una politica salariale, industriale ed energetica all’altezza delle sfide che stiamo affrontando. Non è tollerabile che le multinazionali come la TE Connectivity, che hanno estratto tutto quello che potevano da un luogo e dalla sua comunità, possano andarsene non appena si presenta la necessità di fare investimenti per mantenere sempre lo stesso livello di profitto", Giorgia Perrone della FIOM Torino.
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