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Testi sacri

4 mesi fa 6
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Siccome sono un vecchio sospettoso, quando escono le classifiche – ieri quella sulla libertà di stampa – penso subito che ci sarà senz’altro qualcosa di strano. E infatti. Ricomincio: la classifica sulla libertà di stampa, redatta annualmente da Reporters sans frontières e diffusa ieri, vede l’Italia scendere di cinque posizioni, al quarantaseiesimo posto, addirittura in zona Polonia e Ungheria. Fra le ragioni del declassamento, il decreto bavaglio, cosiddetto. Curioso, poiché il cosiddetto decreto bavaglio, secondo cui è vietato pubblicare per intero le ordinanze di custodia cautelare, e consentito soltanto in sintesi, è stato scritto su sollecitazione dell’Unione europea preoccupata dal sensazionalismo giudiziario, ossia dalla tendenza a dipingere da colpevole chi è soltanto indagato o imputato.

Secondo me la legge servirà a nulla, ma non è il punto. Il punto è come una sollecitazione dell’Ue possa contribuire a fare di noi una periferia scassata del quarto potere. Non è tutto. La facoltà di pubblicare per intero le ordinanze di custodia cautelare era stata introdotta dal governo Gentiloni, dicembre 2017. Prima, eravamo come adesso (e la stagione di Mani pulite non mi sembra un caposaldo della mordacchia ai cronisti). Dunque l’anno dopo, 2018, la classifica di Reporters sans frontières avrebbe dovuto premiarci per aver adottato una pietra angolare del libero giornalismo. Invece niente. Neanche un cenno. Fai la legge e succede nulla. La cancelli e sprofondi nella decadenza. E forse è invece decadente prendere certe classifiche – poco più che giochi di società – e senza nemmeno leggerle farne testi sacri.

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