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C'è anche l'ipotesi di finanziamento illecito nell'indagine della Procura di Genova sul presunto «sistema» di Giovanni Toti, il governatore della Liguria agli arresti domiciliari da martedì scorso. L'accusa, che non è contestata nella misura cautelare, al momento riguarda il consigliere di amministrazione di Esselunga, Francesco Moncada, e Maurizio Rossi, l'editore della testata Primocanale, perquisito tre giorni fa.
Toti arrestato, spunta un filone rifiuti. Gli inquirenti: «Finanziamento da 195mila euro»
In procura si indagava già per finanziamento illecito alla fondazione Change e al partito di Toti. L'inchiesta, ancora aperta, è coordinata dal pm Luca Monteverde, lo stesso dell'indagine sul cosiddetto «sistema Toti». In quel fascicolo sono indagati una serie di imprenditori che, per l'accusa, avrebbero versato soldi alla fondazione in maniera occulta. Tra questi anche Pietro Colucci, alla guida di una galassia di società che si occupano di rifiuti.
Nei mesi scorsi, nell'indagine su Change, la guardia di finanza aveva anche perquisito le imprese di Vincenzo Onorato, armatore Moby, e dei petrolieri Costantino di Europam e Black Oil.
Tra i finanziatori sotto la lente degli investigatori anche gli imprenditori navali Amico, l'armatore Gianluigi Aponte, e gli Spinelli. Nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari Toti, emerge che Colucci è indagato corruzione in merito alla vicenda della gestione delle discariche.
Signorini si avvale della facoltà di non rispondere
Intanto l'ex presidente dell'authority portuale e ad (sospeso) di Iren, Paolo Emilio Signorini, si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio di garanzia stamani nel carcere di Genova Marassi.
«Le carte sono tali che impongono una lettura attenta. Una lettura che non può essere fatta in carcere. Signorini sta abbastanza bene al di là della situazione ha una sua tranquillità. Ha detto solo che, in una seconda fase, potrebbe eventualmente parlare con il pubblico ministero». È quanto ha detto l'avvocato Enrico Scopesi dopo l'interrogatorio di Paolo Emilio Signorini, in carcere da lunedì nell'ambito dell'inchiesta sul comitato d'affari messo in piedi dal governatore Giovanni Toti (ai domiciliari) con alcuni imprenditori liguri.
«Signorini ritiene di poter fornire una serie di spiegazioni ma difficilmente lo si può fare in una situazione di carcerazione - continua Scopesi -. Confido che si possa risolvere e affrontare il problema della carcerazione. Perché la priorità è adesso chiarire la misura cautelare, farlo uscire da Marassi. Ha confermato la disponibilità di parlare eventualmente in un secondo momento».
L'ad (sospeso) di Iren è «relativamente tranquillo nel contesto della vicenda alluvionale che gli è capitata e rispetto a dove si trova adesso - ha concluso Scopesi -. Gli atti sono tali e tanti che vanno letti e verificati. È troppo presto. Bisogna interpretarli, ma vale per tutti i casi, e ci sono telefonate di quattro anni fa, estrapolate dai contesti, che vanno valutate».