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Jfk non lo ha citato, ma sembra che la nuova presidenza di Donald Trump voglia tornare a puntare sullo spazio e sulle nuove tecnologie, dopo oltre 50 anni dallo sbarco sulla Luna. «Pianteremo la bandiera degli Stati Uniti su Marte», ha detto Trump nel suo discorso, mandando un messaggio molto chiaro a Elon Musk e a tutta l’élite tech riunita nella Rotonda di Capitol Hill. Proprio Musk ha esultato e applaudito il discorso del nuovo presidente, quasi a festeggiare un nuovo inizio, in cui la politica si mescola alla tecnologia e agli affari, visto che Musk oltre a essere uno dei maggiori sostenitori di un processo volto a rendere abitabile per l’uomo Marte, guida la startup aerospaziale SpaceX.
Musk è poi intervenuto nella cerimonia alla Capital One Arena, dove sono sfilati tutti i fedelissimi di Trump: «Non è una vittoria ordinaria, questo è stato un bivio sulla strada della civilizzazione umana», ha detto, facendo due volte il saluto romano. «Il mio cuore è con voi. È grazie a voi che il futuro della civilizzazione è assicurato», ha detto aggiungendo: «Vi rendete conto quando pianteremo una bandiera americana su un altro pianeta? Su Marte?». Su X Andrea Stroppa, il referente italiano di Elon Musk, ha festeggiato: «L'Impero Romano è tornato, a cominciare dal saluto romano». Poco dopo il post è stato cancellato. E Stroppa ha spiegato: «Quel gesto? Semplicemente Elon, che è autistico, voleva esprimere i suoi sentimenti dicendo: “Voglio darti il mio cuore”. A lui non piacciono gli estremisti»
Eppure, alcuni giorni fa, Steve Bannon ha definito gli oligarchi tecnologici dei «trofei» che Donald Trump colleziona e mostra ai suoi sostenitori. «Questi oligarchi non sostengono Trump, sono lì perché il movimento di Trump e il presidente li hanno distrutti», ha detto l’ex stratega del presidente. E quindi vederli ieri tutti composti, in prima fila, dopo che nei mesi scorsi hanno cercato di assicurarsi i posti migliori andando a Mar-a-Lago per convincere Trump della loro amicizia, oltre a far presagire una guerra interna al partito, fa anche capire che sono meno «trofei» di quanto si possa credere. Infatti, nonostante Bannon continui a essere seguito dalla base nazionalista e di estrema destra del movimento, in realtà i guru tech hanno un potere che va ben oltre Trump: il presidente è al suo secondo e ultimo mandato, ha 78 anni, un patrimonio molto contenuto rispetto ai «tech bro». Ci sono anche altri segnali che fanno comprendere come il potere tecnologico sia certo arrivato a Washington per fare un inchino a Trump, ma sa anche che il presidente si dovrà in un certo punto inchinare: sono loro infatti a possedere le piattaforme sulle quali circola l’informazione. «Aboliremo la censura, riporteremo la libertà di espressione», ha detto Trump, mandando un chiaro segnale ai social media.
I VOLTI DEGLI INVITATI
Rispetto ai baroni del petrolio e delle ferrovie, che potevano minacciare di fermare il paese, l’élite tech può forgiare le menti dei cittadini, e questo è di certo un dettaglio con il quale Donald Trump dovrà fare i conti. All’interno della Rotonda di Capitol Hill, con solo mille posti in totale, tutti i miliardari hanno potuto portare le loro mogli o fidanzate: Jeff Bezos era presente con la fidanzata Lauren Sánchez, Mark Zuckerberg con la moglie Priscilla Chan, il Ceo di Google Sundar Pichai era solo, cosiccome il Ceo di Apple Tim Cook. Elon Musk invece ha avuto un posto d’onore al fianco della famiglia Trump. Ad altri invitati non è stato permesso di portare le mogli: ad esempio il segretario di Stato Marco Rubio si è dovuto presentare da solo, nonostante avrà un ruolo centrale nel gabinetto di Trump. Negli ultimi anni i miliardari della Silicon Valley si sono spostati a Washington: Elon Musk avrà un ufficio all’interno della Casa Bianca e oltre a essere l’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio di 450 miliardi di dollari, ha speso 200 milioni per la campagna di Trump. C’è poi Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post, che ha una casa da 23 milioni di dollari nel quartiere di Kalorama. E poi c’è l’imprenditore tech Peter Thiel, molto vicino a Trump nella scorsa legislatura. Tra i nuovi arrivati alla corte di Trump, non sono ancora chiari i piani di Mark Zuckerberg e Sam Altman. Ma oltre alla ricchezza della Silicon Valley, il governo Trump sarà quello con il maggior numero di miliardari: ce ne sono almeno 13, con un patrimonio totale di 380 miliardi di dollari. È inoltre chiaro a molti analisti che il vero fulcro dell’amministrazione Trump – e forse anche il vero rischio per Trump – sarà rappresentato da questo abbraccio tra politica e potere tecnologico, attraverso l’intercessione di Elon Musk. E allora ci si chiede se il dopo Trump, tra quattro anni, possa essere guidato da uno dei baroni tecnologici, che da trofei potrebbero presto trasformarsi in guide di un paese a cui Joe Biden ha mandato un avvertimento prima di lasciare la presidenza: «L’oligarchia sta prendendo forma negli Stati Uniti».