Donald Trump avverte che "non c'è nessuna garanzia che la tregua a Gaza tenga" alla vigilia del suo incontro alla Casa Bianca con Benyamin Netanyahu, primo leader straniero a varcare la soglia dello Studio Ovale nella sua seconda presidenza, che ha già incontrato a Washington l'inviato speciale Usa, Steve Witkoff, per discutere proprio della seconda fase dei colloqui sul cessate il fuoco e della liberazione degli ostaggi.
Il presidente americano e il premier israeliano affronteranno anche il dossier iraniano e quello sulla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, così come lo stop dei fondi americani all'Unwra, dopo la sospensione decisa da Joe Biden, e l'uscita degli Stati Uniti dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu che l'amministrazione americana ha accusato di faziosità nei confronti di Israele.
Una settimana intensa per Netanyahu, che resterà negli Stati Uniti fino a sabato. A poco più di quindici giorni dall'inizio della tregua a Gaza, due funzionari di Hamas hanno affermato che il gruppo è pronto ad avviare colloqui sui dettagli della seconda fase, che potrebbe contribuire a garantire una cessazione duratura delle violenze. Trump, che solo 24 ore fa si era detto ottimista assicurando che "i colloqui in Medio Oriente con Israele e altri interlocutori stanno facendo progressi", è rimasto cauto.
"Non ci sono garanzie che la tregua a Gaza tenga", ha detto. "Martedì arriverà Bibi e abbiamo in programma alcuni incontri molto importanti", ha affermato il commander-in-chief che, secondo l'agenzia di stampa israeliana Ynet, prima del colloquio con Netanyahu guarderà un documentario dell'Idf sugli attentati di Hamas il 7 ottobre.
Da parte sua il premier israeliano auspica di vedere confermata la collaborazione strategica con The Donald, che già durante il primo mandato si dimostrò un fidato amico di Israele, e di ricevere dagli Stati Uniti il sostegno necessario a sconfiggere definitivamente Hamas, cacciare il gruppo dalla Striscia e annientare "l'asse terroristico iraniano in tutte le sue componenti".
In agenda in queste giornate americane di Netanyahu anche il piano per "ripulire" Gaza lanciato da Trump che ha invitato i palestinesi a trasferirsi nei Paesi vicini come l'Egitto o la Giordania, nonostante l'opposizione del Cairo e di Amman, oltre a quella degli altri Paesi arabi. Il Qatar, che ha mediato il cessate il fuoco insieme agli Stati Uniti e all'Egitto, ha sottolineato l'importanza di consentire ai palestinesi di "tornare alle loro case e alla loro terra".
Mentre il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmaeil Baqaei ha avvertito che il trasferimento degli abitanti di Gaza "equivarrebbe a una pulizia etnica". Intanto, un gruppo di coloni israeliani ha preso d'assalto la sede dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi a Gerusalemme est. Secondo alcune fonti locali, i coloni hanno innalzato bandiere israeliane ed esposto striscioni provocatori nell'ufficio.
L'Unrwa è nel mirino degli Stati Uniti da tempo, dopo la sospensione degli aiuti decisa da Biden, e Trump si appresta a bloccare definitivamente i finanziamenti con un ordine esecutivo. Sempre in chiave filo israeliana, il commander-in-chief intende firmare un ordine esecutivo per ritirare gli Stati Uniti dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu.
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