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Le interferenze di attori esterni nella guerra fra Russia e Ucraina: Cina, Corea del Nord, Iran. Al fianco di Vladimir Putin, si intende. La radiografia dei due eserciti sfiancati da tre anni di massacri in trincea. E ancora, gli scenari futuri del conflitto, da scongiurare ad ogni costo. Come il dispiegamento di «armi di distruzioni di massa», la minaccia nucleare sempre dietro l’angolo.
Un lavoro continuo, discreto - e non potrebbe essere altrimenti - dei Servizi segreti italiani permette al governo di Giorgia Meloni di “mappare” il conflitto alle porte dell’Europa per coordinarsi con gli alleati e farsi trovare pronti. Riaffiora tra le righe dell’ultima relazione annuale del Copasir, il comitato parlamentare di controllo dell’intelligence italiana che ha nel sesto piano di Palazzo San Macuto, a due passi da Montecitorio, un osservatorio privilegiato sulla crisi ucraina.
L’ALERT CINESE
Salta all’occhio - nella pedissequa ricostruzione delle tante audizioni ospitate sul tema con prime file del governo nonché con la premier durante il 2024 - l’analisi riferita ai parlamentari dal sottosegretario Alfredo Mantovano.
In due occasioni l’uomo che per la leader segue quasi tutti i dossier che contano, autorità delegata per la sicurezza e dunque il primo a conoscere le informative delle agenzie di intelligence, affresca «l’evoluzione della situazione sul campo, con riferimento ai diversi settori del fronte e ad alcuni aspetti specifici del conflitto», si legge nel documento appena chiuso dall’organo guidato dal dem Lorenzo Guerini. Fra gli «aspetti specifici» Mantovano - ascoltato nel marzo e nell’ottobre dello scorso anno - dà conto della «presenza di altri attori stranieri, dalla Corea del Nord, alla Cina, all’Iran».
Segnalazione non banale, quella dell’ex magistrato che oggi ha in mano le redini dei Servizi. Se è vero che proprio nelle ultime settimane il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è tornato ad accusare la Cina di partecipare attivamente al conflitto fiancheggiando le truppe russe. Con tanto di video postati sui social di soldati cinesi catturati dai militari ucraini, decisi (forzati?) a denunciare le “bugie” russe. Accuse negate e prontamente rispedite al mittente dalle autorità di Pechino.
Eppure altre volte in tre anni di guerra le agenzie di intelligence occidentali hanno raccontato con dovizia di particolari il soccorso cinese all’alleato Putin. Vuoi sotto forma di aiuti economici, vuoi invece con la vendita di armi e munizioni attraverso complicate triangolazioni con Paesi terzi per sfuggire ai radar americani. Ora anche l’Italia prende atto che una forma di coinvolgimento cinese in questa guerra c’è, o c’è stata. Quale, non è dato saperlo. Mentre è lampante il ruolo delle altre due potenze chiamate in causa da Mantovano - Corea del Nord e Iran - impegnate rispettivamente nell’invio di militari nella regione russa del Kursk e nelle generose forniture dei droni Shahed che per anni hanno seminato il terrore nei cieli sulle città ucraine.
Sono diversi, si diceva, i resoconti sull’andamento della guerra in Ucraina riferiti al Copasir nel terzo anno del conflitto. Ne parla Meloni all’indomani del summit della Nato a Washington - luglio 2024 - ci torna il ministro della Difesa Guido Crosetto illustrando il nono e il decimo pacchetto di aiuti militari a Kiev.
All’undicesimo, come anticipato dal Messaggero, si lavora in queste settimane. E se l’ex direttrice del Dis Elisabetta Belloni in estate accende i riflettori sulle «attività di condizionamento dell’opinione pubblica occidentale poste in essere da parte della Russia», l’ammiraglio Cavo Dragone, oggi a capo del comitato militare della Nato, conferma come Mantovano «la penetrazione di attori statali esterni» in Ucraina.
IL SUMMIT DI PACE
Su e giù per le scale del palazzo che un tempo ospitava la Santa Inquisizione, poi nella stanza tappezzata di pareti blu - obbligatorio lasciare fuori i cellulari, solo appunti a penna - si sono dati il cambio per un anno vertici dei Servizi, ministri, esperti.
Durante le due audizioni Mantovano si spinge a immaginare uno scenario post-bellico. Nell’auspicio, si legge nel rapporto, «di una de-escalation e della non espansione del campo di battaglia». Ma sottolineando anche «la necessità di evitare l’uso di armi di distruzione di massa», a riprova che fino a questo autunno un’escalation nucleare del conflitto ucraino era ritenuta quantomeno plausibile dagli apparati italiani.
Meglio sedersi al tavolo, rilancia allora il sottosegretario al Copasir con l’idea di «una nuova conferenza di pace internazionale partecipata da Russia e Ucraina». Nessuno escluso. Chissà che non sia Roma un giorno la sede prescelta. Come per un’altra conferenza di “pace - quella tra Trump e l’Ue - che potrebbe tenersi nella capitale a giugno.