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Storia e alta qualità sono le due colonne portanti sulle quali si fonda il progetto Vecchio Ristoro. Con una proposta d’autore e sette coperti, il ristorante di Aosta, una stella Michelin, offre ai suoi ospiti un’esperienza fuori dal comune, a partire dalla location: un ex mulino del 1600 la cui macina e gli ingranaggi originali sono preservati e custoditi al suo interno, con lo storico portone e la facciata con le campanelle per i cavalli. Un’estetica che sa di tradizione, in contrasto con la contemporaneità del menù che propone sofisticate ricette italiane e francesi abbinate a una lista di oltre 350 vini.
A guidare questo “vecchio” gioiello della cucina sono lo chef patron Filippo Oggioni e il maître sommelier e direttore Paolo Bariani, entrambi concordi nell’abbracciare una filosofia imperniata su sapori oltre le convenzioni, sulla stagionalità della materia prima, sulla ricerca costante di eccellenze regionali e nazionali sostenibili e a chilometro zero. Una strategia finalizzata a “rapire” il cliente per guidarlo attraverso un’avventura gastronomica straordinaria.
È stata una scelta precisa quella dei due padroni di casa, amici prima ancora che soci, di rilevare il Vecchio Ristoro proteggendone la storia e portando in tavola un’esplosione di sapori che si traducesse in innovazione nel pieno rispetto della tradizione. Un concetto identitario cristallino e ben riconoscibile che nel 2021 è valso al ristorante una stella nella Guida Michelin.
Scelto come unico rappresentante della Valle d’Aosta da Jeunes Restaurateurs d’Europe, chef Oggioni seleziona quotidianamente i migliori ortaggi e formaggi, nonché le migliori carni e uova, da piccoli produttori e dal mercato contadino, con lo scopo di dare vita a un menù di qualità in costante mutamento. Una carta divisa in due percorsi degustazione, rispettivamente da cinque e sette portate, che offre anche un’alternativa vegetariana.Ogni piatto è cucinato “à la minute” e ha come comune denominatore il vegetale, interpretato con competenza e gratificazione del gusto, e l’arte dell’affumicatura.
«Mi piace dare a un primo piatto, come il risotto per esempio, un sentore di fumo - afferma Oggioni - In Valle d’Aosta siamo ricchi di meleti, di viti, di ciliegi e, a seconda della stagione, i piccoli coltivatori nei dintorni del capoluogo mi forniscono la legna che hanno già provveduto a invecchiare, in modo da renderla ancora più profumata». E spiega: «La procedura è di per sé un po’ arcaica, ma allo stesso tempo affascinante, poiché non si dispone di tecnologie o strumenti moderni per affumicare. Dapprima mettiamo la legna in una pentola e la posizioniamo su un fornello che accendiamo e lasciamo andare fino a che la legna non prende fuoco. Dopodiché la mettiamo su una placca da cucina a bordi alti, spegniamo il fuoco e applichiamo su di essa un’altra placca forata con, al suo interno, del burro freddo tagliato a cubetti. Copriamo il tutto con un’ulteriore placca e lo lasciamo per due ore in cella frigorifera. Il burro affumicato ottenuto da tale procedura viene utilizzato sia per mantecare il riso, sia per profumare di legna alcune salse o il puré di patate».
Le creazioni dello Chef vengono esaltate dalla passione e dalla cura che il maître sommelier Paolo Bariani dedica alla carta dei vini, in costante evoluzione per garantire abbinamenti impeccabili, in un viaggio tra le sfumature del territorio valdostano, nazionale ed estero. L’attenzione si concentra sulle piccole produzioni attente alla sostenibilità della viticoltura e della lavorazione in cantina, tra cui il movimento Sbarbatelle. Nato nel 2017 per dare voce a produttrici under 40 provenienti da ogni angolo d’Italia, oggi Sbarbatelle riunisce oltre 150 giovani imprenditrici che testimoniano con le loro storie il grande patrimonio enologico del nostro Paese.
Di Indira Fassioni