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Mario Sechi 24 gennaio 2025
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La distanza che separa l’America di Trump dall’Europa di Ursula von der Leyen è gigantesca non tanto per i programmi (che potrebbero convergere su molti punti), quanto per le idee, la mentalità e l’energia con cui vengono affrontati i problemi che sono comuni a tutte le democrazie.
Sergio Marchionne dopo aver incontrato Trump mi disse, «è un game changer», un uomo d’azione che incontra un altro uomo d’azione parlano la stessa lingua, il problema è che in Europa si producono montagne di regole, ma di azione se ne vede poca. Gli Stati Uniti d’America, diceva Winston Churchill, sono una potente macchina a vapore che quando entra in azione è inarrestabile, questo è uno di quei momenti, la seconda presidenza Trump chiude un’epoca e ne apre un’altra.
L’altro ieri Emmanuel Macron e Olaf Scholz si sono incontrati e le loro parole sembravano quelle di due damerini che mangiavano croissant alla crema mentre là fuori infuriava la battaglia. Se la parola d’ordine dell’Europa è quella di “resistere a Trump”, allora tanti auguri perché durerà poco; se invece a Bruxelles e dintorni penseranno a come cooperare con gli Stati Uniti, forse si aprirà anche per noi una nuova era.
L’Europa non ha una strategia industriale, ha una politica estera fallimentare, il fianco orientale esposto ai missili balistici della Russia e il Mediterraneo aperto a ondate migratorie e terrorismo. Giorgia Meloni tutto questo lo ha ben chiaro, il rapporto con gli Stati Uniti per Roma e per Bruxelles è un vantaggio e se l’Europa dovesse affondare (cosa che non si può più escludere, è crollato l’impero romano, figuriamoci l’Ue) almeno noi avremo una scialuppa di salvataggio.