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"Vietato cantare O sole mio a Firenze": esplode la bufera, l'ira di Mastella

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Salvatore Dama 06 gennaio 2025

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Levate il microfono al napoletano. Dovesse mai venirgli voglia di cantare una canzone neomelodica. È il curioso caso di censura regionale capitato a Firenze. Dove un giovane beneventano si è visto negare il diritto al karaoke, quando il proprietario della birreria ha capito che voleva interpretare “Tu sì a fine do’ munno” di Angelo Famao. Classicone della nuova scuola neomelodica partenopea (ma l’artista è siciliano), con 55 milioni di ascolti su Spotify, che, evidentemente, sulle sponde dell’Arno non suscita emozioni. Se non di repulsione.
Questione di gusto o di razzismo Nord versus Sud? Boh, il tizio che si è visto negare la performance in lingua madre l’ha vissuta come un affronto a un intero popolo. Quello napoletano, che notoriamente non è permaloso neanche un po’. Vanno bene i Pinguini tattici nucleari, Cesare Cremonini, Anna Pepe, addirittura Lazza. Pure qualche classico internazionale, ma il neomelodico no, te lo canti ai baretti di Chiaia.

Il caso, in realtà, non sarebbe neanche diventato tale, se non fosse intervenuta l’indignazione del sindaco di Benevento Clemente Mastella, che ha difeso il suo concittadino e ha gridato al complottone contro la Campania che canta. «Leggo che a Firenze hanno vietato ad un ragazzo beneventano di cantare in dialetto napoletano, in un locale», scrive il primo cittadino, «depreco questo atto, stupido, razzista e colmo di incultura musicale». «’O sole mio», ricorda Mastella, è la canzone italiana più conosciuta al mondo. «Questa forma di strisciante razzismo che si inietta pure nei gusti musicali è stupida, preoccupante e velenosa». Poi l’ex ministro riapre una ferita che non si è mai chiusa: il pregiudizio anti-napoletano «temo abbia colpito anche Geolier che l’anno scorso avrebbe meritato una vittoria a Sanremo e gli è stata soffiata ingiustamente». Per completare il quadro, è bene pure sottolineare che il fattaccio succedeva la sera del primo gennaio. A poche ore da Fiorentina-Napoli, circostanza che potrebbe aver avuto un peso nel desiderio dell’oste fiorentino di non voler trasformare la sua taverna in una versione dell’Anima e Core in tournée. E qui più dell’indignazione ha fatto il karma. Tre a zero per il Napoli e Neres che ha cantato (e ballato) senza censure.
Il protagonista di questa storia, comunque, si chiama Pasquale Abbatiello, ha 26 anni e ha scritto una lettera a Ntr24 per ricostruire la serata dello sfregio alla canzone napoletana: «Una volta salito sul palco del locale, inserisco il titolo della canzone sul computer per far partire il karaoke».

La canzone scelta, si diceva, è il successo di Angelo Famao. Ma il tasto play non sarà mai premuto: «Immediatamente, l’addetto all’evento, avendo notato dal titolo che si trattava di una canzone in lingua napoletana, mi impedisce di continuare, avvertendomi che non si può cantare in napoletano. A quel punto, chiedo immediatamente spiegazioni e lui risponde che si tratta di una scelta del proprietario del locale, che consente di cantare solo in italiano, francese, inglese e tedesco, ma non anche in napoletano».
Il ragazzo si ribella di fronte a questa ingiustizia: «Sostengo che si tratta di una scelta palesemente discriminatoria e lascio il palco e il locale, seguito dal mio gruppo di amici, che hanno capito nonché condiviso la mia scelta». L’indignazione, secondo il ragazzo, non può bastare, «serve una seria denuncia». Perché «nel 2025 non è possibile censurare un’espressione culturale così importante come la musica napoletana».

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