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Alberto Trentini arrestato in Venezuela, la madre: «Ostaggio di Caracas, ma è solo una pedina. Siamo disperati»

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«Nel pieno rispetto della sovranità territoriale del governo bolivariano e senza voler interferire nella diplomazia delle relazioni tra Italia e Venezuela, invochiamo l'attenzione di tutte le Istituzioni dei due Paesi circa la drammatica situazione di Alberto Trentini e chiediamo la sua liberazione affinché possa tornare a casa e all'affetto dei suoi familiari e amici». Lo affermano in una nota l'avvocata Alessandra Ballerini e i familiari del cooperante veneto di cui si sono perse le tracce il 15 novembre dopo il suo arresto in Venezuela.

«Alberto - si legge - è un cooperante e proprio questa sua missione umanitaria in Venezuela deve costituire un ponte di dialogo che consenta di raggiungere il risultato del suo pronto rientro in Italia.

Lo chiediamo con forza e speranza. La tradizione di familiarità tra Italiani, una delle più importanti comunità nel paese sudamericano, e Venezuelani impone questo segnale di pacificazione».

La madre di Alberto Trentini, Armanda, al telefono con l'Ansa ha detto: «Siamo molto provati. Non sento mio figlio da due mesi, da quando lo hanno portato via. Lui ora è ostaggio di quel Paese, ma è solo una pedina. Bisogna forzare il silenzio su questa vicenda, forse l'interrogazione parlamentare ha cominciato a smuovere le coscienze». 

«Dal 15 novembre scorso, quando Alberto è partito, siamo nel silenzio. Sessanta giorni, e sessanta notti, senza avere una notizia, io e mio marito siamo nell'angoscia», continua la madre di Alberto Trentini. «Mio figlio - spiega - era solito durante ogni sua missione mandarci un messaggio e la localizzazione del luogo in cui arrivava. Questa volta non abbiamo saputo niente. È un figlio speciale, siamo disperati. È speciale per tutto quello che ha fatto in questi anni, aiutando gli altri. Mi diceva sempre che la più grande soddisfazione era vedere il sorriso delle persone che aiutava, gente, i caminantes in fuga dal Venezuela che arrivavano da loro con le scarpe sbriciolate».

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