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Corrado Ocone 04 gennaio 2025
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Uno spettro si aggira a sinistra: lo spettro della tecnodestra. Da ormai diversi giorni commenti pensosi, interviste allarmate, prese di posizione indignate, occupano pagine e pagine dei giornali d’area. Elon Musk è ovviamente per i nuovi soloni il cavallo nero dell’Apocalisse, il pericolo numero uno, colui che assesterà il colpo definitivo alle nostre democrazie asservendo la politica al grande capitale e alla potenza della tecnica. Tanto più che sulla sua scia già si muovono altri protagonisti del mondo tech come Peter Thiel, mentre anche i “democratici” Mark Zuckenberg e Jeff Bezos mostrano segni di cedimento sull’ostilità a Donald Trump.
Strano, davvero: quando le Big Tech facevano nella Silicon Valley il bello e il cattivo tempo, orientando persino gli algoritmi a favore della cultura woke, bannando e censurando chi la pensava diversamente, il tecnocapitalismo per la sinistra non era un problema; ora che un minimo di pluralismo ha fatto capolino in questo mondo, di colpo il pericolo si è fatto impellente! E stiamo pur certi: sarà questo il refrain che ci accompagnerà nei prossimi mesi, oltre ovviamente all’evergreen del pericolo fascista. Perché tanto accanimento contro Musk e compagni, a parte il classico doppiopesismo dei compagni?
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Io credo che a livello più o meno inconscio agisca un fattore determinante: la constatazione che la destra abbia sottratto alla sinistra la dimensione temporale del futuro, su cui essa ha costruito da sempre la sua retorica. Collocandosi sulla frontiera più avanzata del presente, la destra non è più collocabile in quell’orizzonte reazionario, avverso ai tempi moderni, nostalgico del passato, in cui la sinistra ha avuto buon gioco in passato a sistemarla. In verità, quella collocazione era strumentale, non rispondente al vero, anche in passato, ma non era difficile allora per la sinistra occultare gli elementi che avrebbero potuto mettere in crisi la sua narrazione. Il futurismo, dopo tutto, in Italia (al contrario che altrove) non ha mai suscitato interesse, così come gli storici hanno raramente messo a tema la forte spinta modernizzatrice che convisse nel ventennio col fascismo storico, temperandone in senso anti-totalitario molte politiche e lasciando nella società italiane tracce consistenti trapassate poi nella Repubblica.
Il futuro è stato sempre l’elemento caratterizzante della sinistra che ha chiamato alla lotta il suo popolo prospettandogli la liberazione da ogni tipo di catene in una “città futura” egualitaria e di comunismo realizzato. Alla luce di questo obiettivo, d’altronde, tutto era permesso: il fine giustifica i mezzi, ovvero, per dirla con le parole di Stalin, «per fare una buona frittata è necessario rompere parecchie uova». A ben vedere, la cultura woke, che a un certo punto ha preso il sopravvento a sinistra, non ha fatto che riprendere questo afflato millenaristico, prospettando un mondo ove ogni tipo di frontiere, comprese quelle naturali del genere, sarebbe stato abbattuto e tutto reso uniforme e interscambiabile. In termini filosofici, si potrebbe dire che la pulsione nichilistica che per Auguso Del Noce è al fondo dell’idea che la sinistra ha della rivoluzione, di rivoluzione, col wokismo si è esplicitata in tutta la sua forza e cogenza.
Se Marx e i suoi seguaci volevano rimettere sui piedi l’ “uomo capovolto” del capitalismo, i nuovi conformisti si sono proposti nientemeno che di distruggere, estirpare la stessa natura umana. Il controllo sul futuro, con le politiche della pianificazione e delle “transizioni” accelerate, è stato il conseguente corollario di questa idea. L’irrompere sulla scena di imprenditori, innovatori e visionari ma fortemente critici di tutto ciò che è woke, viene perciò visto come una imperdonabile invasione di campo. Tanto più che il futuro di Musk, con i suoi richiami alla classicità e a Roma antica, non sembra slegato dalle altre dimensioni temporali: la storia passata non è per lui un cumulo di errori, ma un esempio edificante per andare oltre.