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Non è certo facile fare previsioni nella situazione in cui è finito Joe Biden. Ma con un partito sempre più contro, con i sondaggi che lo danno sotto di sei punti su Trump, perdente sia nel voto popolare che negli stati chiave, e con gli elettori democratici convinti che il presidente non sia la scelta giusta per il futuro degli Stati Uniti, che altro puoi fare se non invocare Dio?
Così Joe Biden nell’intervista con George Stephanopoulos di venerdì sera ha invocato la fede, la stessa che media, politici e cittadini sembrano avere perso: «Solo Dio può farmi ritirare», ha detto, escludendo ancora una volta di essere pronto a uscire dalla sfida contro Trump. Frank Bruni fa notare sul New York Times che sia abbastanza improbabile che il Signore scenda sulla Terra a breve e che nonostante Stephanopoulos gli chiedesse del futuro, Biden ha parlato soprattutto di passato, dei tre anni e mezzo sui quali vuole essere giudicato.
Joe Biden ammette: «Ero esausto la sera del dibattito»
Questo però è un altro discorso. Lo storico Timothy Naftali ha forse analizzato la situazione nel modo più lucido: la questione va spostata da quello che ha fatto - Biden ha fatto moltissimo e la sua presidenza è stata un successo in molti aspetti - a quello che non riuscirà a fare nei prossimi quattro anni, consigliando al presidente di lasciare ora e di passare alla storia senza alcuna macchia. Intanto emerge un retroscena: il 17 gennaio il medico di Biden Kevin O’Connor vide l’esperto di Parkinson Kevin Cannard (che già nel 2023 era stato visto più volte alla Casa Bianca) e i due avrebbero parlato di Biden.
LE ALTERNATIVE
Già, ma lasciare a chi? Il nome che gira ormai ovunque è quello della vicepresidente Kamala Harris che sembra anche essere la principale scelta della fronda del partito che vuole Biden fuori. E infatti nelle stesse ore in cui è stata trasmessa l’intervista della rinascita di Biden, Mark Warner, senatore democratico della Virginia, ha iniziato a fare pressioni su altri colleghi per unirsi e chiedere al presidente di ritirarsi: un lavoro delicato, visto che per ora sono solo cinque, tutti alla Camera, i politici che hanno deciso di parlare pubblicamente. Ma quanto tempo si può aspettare? Se da una parte si parla di pochi giorni o di massimo due settimane, entro la fine della convention repubblicana di Milwaukee il 18 luglio, la realtà è che il punto di non ritorno è la convention democratica di fine agosto. Entro quella data Biden dovrebbe decidere, sennò la situazione sarebbe molto difficile, sia per i tempi che per il fatto che il partito non vuole confusione e divisione nel corso dell’incontro in cui dovrebbe essere formalmente incaricato il candidato alla presidenza.
In queste settimane decisive ci sono diversi appuntamenti importanti: primo tra tutti l’incontro della Nato a Washington di settimana prossima.
Ci sarà un'agenda molto impegnativa, sono previsti eventi serali (Biden ha detto che per lui è molto difficile lavorare dopo le 8 di sera), e poi una conferenza stampa giovedì prossimo. Sarà un nuovo test sulla tenuta del presidente e sulla sua salute neurologica. Proprio nell’intervista di venerdì Biden ha detto di fare «un test neurologico ogni giorno», escludendo la possibilità di essere esaminato da un medico indipendente e di pubblicare i risultati. Questa volta tuttavia è sembrato più convinto e meno confuso rispetto al dibattito, nonostante abbia citato qualche dettaglio sbagliato e abbia esitato un paio di volte, prima quando doveva citare il nome del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, poi quando non ricordava un sondaggio che lo dava perdente.
Ci sono però anche dei forti dubbi sulla possibilità di cambiare il candidato così tardi: la storica di area repubblicana Heather Cox Richardson sostiene che sostituire il candidato a questo punto porterebbe il partito democratico a perdere. Cox Richardson ha poi aggiunto che la questione Biden sta spostando l’attenzione dei media dal vero problema: Trump, la persona che «sta cercando di distruggere il paese».
LO SFIDANTE
Sullo sfondo di questa lotta interna nel partito democratico c’è appunto Donald Trump, del quale sembra che i media si siano dimenticati. Lui nel frattempo sta continuando a usare la decisione della Corte Suprema che gli ha dato l’immunità parziale per levarsi di torno i processi.
Da ultimo ha chiesto di sospendere quello in cui è accusato di aver spostato dei documenti classificati dalla Casa Bianca alla sua villa di Mar-a-Lago, in Florida. In queste ore inoltre si fa sempre più chiara l’idea che in realtà Trump avrebbe paura di una sfida diretta con Kamala Harris, molto più giovane e in forma di lui. Lei starebbe già pensando a un vice: un uomo, giovane e bianco. Gli ultimi sondaggi li danno testa a testa ma mostrano alcuni punti di forza della vice di Biden: essendo un ex magistrato potrebbe attaccare Trump in modo molto efficace sui suoi processi e sulle condanne. E infine riuscirebbe a conquistare le minoranze e gli indipendenti, che saranno il vero partito a decidere le prossime elezioni.
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