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La Filetteria italiana non si è mai ripresa dalla crisi iniziata durante la pandemia. Oggi il gruppo è in liquidazione tra sfratti, lavoratori non pagati e accuse sulle carni vendute. “Ho deciso di investirci tutto quello che avevo. Mi sono indebitato personalmente per sostenere l’azienda”, spiega Maggiori a Dossier
Irene Fassini, Marialaura Iazzetti 24 giugno 2024 11:26
C’è stato un momento, forse prima della pandemia, in cui i locali della Filetteria italiana erano sempre pieni. Soprattutto sabato e domenica. Per sedersi e mangiare, bisognava prenotare. Oggi è tutto completamente diverso: i tavoli sono vuoti, le porte chiuse. Sembra che non ci sia più nessuno: il tramonto o la fine di un business, che all’inizio aveva conquistato il Nord Italia.
La Filetteria italiana, il marchio di carne esotica con una decina di punti vendita in città, non esiste più: il gruppo a cui appartiene, Sun Tzu, è in fase di liquidazione. L’ha deciso il tribunale di Milano pochi giorni fa. A capo di Sun Tzu c’è Edoardo Maggiori, torinese, classe 1992. In passato, è stato considerato da Forbes tra gli imprenditori under 30 più influenti nel mondo economico. In pochi anni è arrivato a possedere una ventina di ristoranti: la Filetteria, l’uramakeria di carne Magnaki e il sushi messicano El Tacomaki. La maggior parte a Milano, ma c’erano anche sedi in altre città italiane.
Un piccolo impero di cui Maggiori è sempre andato fiero. “Ho deciso di investirci tutto quello che avevo. Mi sono indebitato personalmente per sostenere l’azienda”, spiega a Dossier.
Sedi chiuse
La prima sede della Filetteria è apparsa a Milano nel 2015. Quando all’ora di pranzo visitiamo alcune sedi della Filetteria, è tutto chiuso. Le luci sono spente. Proviamo a chiamare, ma nessuno risponde. Via Vespucci, Corso Garibaldi. “Ieri c’erano alcuni turisti”, ci spiega il proprietario di un altro locale. I tavoli sono ancora in ordine sul marciapiede. “C’è stata una graduale erosione della struttura. La settimana scorsa erano aperti solo 5 locali: 3 a Milano, uno a Torino e uno a Monza”, puntualizza Maggiori. Ora se si prova a chiamare la sede torinese di corso Casale, risponde la segreteria.