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Cecilia Sala, il podcast: «In carcere il silenzio è stata la cosa più difficile. Quello che mi è mancato di più? Daniele e i libri»

3 settimane fa 2
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«Come sto? Sono confusa e felicissima, mi devo riabituare, devo riposare. Questa notte non ho dormito per l'eccitazione e la gioia. Quella precedente per l'angoscia. Sto bene, sono molto contenta». Sono state queste le prime parole di Cecilia Sala nella nuova puntata del podcast "Stories", il suo programma realizzato e pubblicato da Choramedia, nel quale oggi ha raccontato - rispondendo alle domande di Mario Calabresi - i suoi ventuno giorni di detenzione nel carcere di Evin, in Iran.

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Il racconto dell'arresto

Il viaggio di lavoro in Iran, il momento dell'arresto, i ventuno giorni a Evin, il ritorno in Italia, l'amore per il suo lavoro. Ha raccontato i momenti più bui, ma anche quelli più emozionanti Cecilia Sala. «Non mi è stato spiegato perché io sia finita in una cella di isolamento nel carcere di Evin. Questa storia comincia col fatto che l'Iran è il Paese nel quale più volevo tornare, dove ci sono le persone a cui più mi sono affezionata. Si cerca di avere uno scudo dalla sofferenza degli altri che accumuli e qualche volta volta delle fonti che incontri per lavoro diventano amici, persone che vuoi sapere come stanno e l'Iran è uno di questi posti», ha raccontato la giornalista. In carcere ad Evin «sono riuscita a ridere due volte: la prima volta che ho visto il cielo e poi quando c'era un uccellino che faceva un verso buffo. Il silenzio è il nemico in quel contesto e in quelle due occasioni ho riso e mi sono sentita bene. Mi sono concentrata su quell'attimo di gioia, ho pianto di gioia».

«Quasi tutti i giorni mi interrogavano. Per le prime due settimane tutti i giorni. Io ho preso in considerazione l'ipotesi di essere accusata di reati come pubblicità contro la Repubblica islamica, o molto più gravi», ma le accuse non sono mai state circostanziate. «Mi hanno detto che ero accusata di tante cose illecite compiute in tanti luoghi diversi». Così Cecilia Sala nel suo podcast pubblicato da Choramedia. Prima di partire, ha spiegato Sala, «avevo preso in considerazione il rischio di essere arrestata ed è una cosa che mi sono rimproverata molto una volta dentro. Ho chiesto consiglio a tantissime persone di lì prima di partire, ma il nuovo governo aveva dimostrato un piccola apertura, concedendo visti a giornalisti stranieri: c'era la Cnn, Paris Match». 

Difficoltà e mancanze

«La cosa più difficile? Il silenzio. L'isolamento è la tua testa. A un certo punto mi sono ritrovata, ad esempio, a passare il tempo, a contare i giorni, a contare le dita, a leggere gli ingredienti del pane che erano l'unica cosa in inglese. La cosa che mi è mancata di più è stata Daniele, che sa mettere insieme i miei pezzi in tutte le situazioni. Anche adesso è così. E poi un libro, finché non lo ho avuto».

Il senso di colpa

«Ci sono persone che sono» in carcere in Iran «da moltissimo tempo. Penso a loro moltissimo. Uno dei momenti più complicati è stato a come avrei detto che mi avrebbero liberata a Farzanè, la donna con cui sono stata insieme in cella negli ultimi giorni e che sarebbe rimasta lì. C'è il senso di colpa dei fortunati nella condizione in cui mi trovo adesso. Sono quindi grata alle persone che per mestiere si prendono cura di chi è nelle condizioni in cui ero io e sono sottoposti a incarcerazioni molto più lunghe», ha raccontato in lacrime la giornalista.

Il futuro

Nella puntata di "Stories" c'è spazio anche per parlare di futuro. «C'è qualcosa che vuoi fare?», chiede Mario Calabresi alla giornalista. «La prima cosa che mi sono detta il primo giorno è che non avrei mai più passato una giornata intera in una stanza al computer, che non ci sarebbe più stata una giornata della mia vita in cui non sarei stata all'aria aperta almeno per un po'. [...] Ho tantissima voglia di continuare a raccontare. Non c'è nient'altro che mi piaccia fare più di questo. Quindi certo che non vedo l'ora».

La puntata

Stories - il podcast di Cecilia Sala - compie 3 anni e festeggia con un episodio speciale: l'intervista di Mario Calabresi a Cecilia, che racconta i 20 giorni trascorsi nel carcere di Evin a Teheran. In questi tre anni e più di 690 episodi Cecilia Sala ha raccontato storie da tutto il mondo: Ucraina, Stati Uniti, Sud Sudan, Israele, Georgia, Australia, Afghanistan, diventando a tutti gli effetti la prima inviata podcaster. «Con il suo lavoro - spiega una nota - ha fatto conoscere piccole e grandi storie che aiutano a comprendere quello che succede lontano dall'Italia». La puntata, dal titolo: «I miei giorni a Evin, tra interrogatori e isolamento», è disponibile gratuitamente su tutte le piattaforme audio e sul sito di Chora Media. 

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