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I 558 mila dollari (535.700 euro al cambio di venerdì) pagati in un’asta da Sotherby’s a New York per una singola bottiglia di Domaine de La Romanée-Conti del 1945 sono un ricordo lontano, nonostante fosse solo l’ottobre di sei anni fa. Negli ultimi anni il mercato dei vini da collezione (che sono anche da investimento e speculazione) segna il passo. Lo certifica il Liv-ex Fine Wine 100, l’annuale autorevole classifica di fine anno dei vini più cari al mondo, in ulteriore calo del 9,2% rispetto al 2023, dopo il -13% rispetto al 2022.
LA NOVITÀ
Nel disastro generale, l’Italia ha perso solo il 4,1%. La Francia, per la prima volta in assoluto, non è sul podio che vede in cima, a sorpresa, la cantina spagnola Vega Sicilia e in seconda e terza posizione due cantine italiane: la piemontese Gaja (settima lo scorso anno) e la toscana Tenuta san Guido (57esima nel 2023).
L’INTERESSE
La notizia ancora più confortante è che l’Italia occupa nella top 100 ben 22 posti, 9 in più rispetto allo scorso anno. Il mercato dei super vini è ovviamente mondiale, ma anche nel nostro Paese non manca l’interesse. A dimostrazione di ciò, l’ultima asta organizzata a Firenze da Pandolfini. Il lotto più caro (12 bottiglie Romanée-Conti 1996 e una bottiglia da 15 litri di Masseto di Frescobaldi 2016) è stato aggiudicato a 28.520 euro. Alla stessa asta una verticale 1980-2020 di Sassicaia della Tenuta san Guido ha raggiunto i 13.020 euro. A proposito dei due vini iconici italiani nelle aste internazionali, Cesare Pillon, giornalista enologico e storico analista finanziario del settore, segnala l’andamento migliore del Masseto rispetto al Sassicaia. «Del primo – scrive - sono state battute 25 annate per un valore complessivo, che nel 2023 era di 24.308 euro, adesso di 21.689, quindi il 10,77% in meno. Meglio del Sassicaia, la cui perdita è stata dell’11,80%, con il prezzo medio della bottiglia, precipitato dai 972 euro del 2023 a 868».
I PIAZZAMENTI
Nella top 100 del Liv-ex, dietro Gaja e Tenuta san Guido, il Piemonte conquista i piazzamenti migliori: Roagna con i suoi Barolo, dalla posizione n. 46 sale alla 15; Giuseppe Rinaldi dalla 18 alla n. 15; Giacomo Conterno da 27 a 20. Ecco quindi i toscani, col Brunello di Montalcino di Biondi-Santi (che passa dalla posizione 35 dello scorso anno e addirittura dalla n.134 del 2022 alla 23); Masseto del Gruppo Frescobaldi da 73 a 26. Chiudono la classifica dei migliori 10 italiani Bruno Giacosa (Piemonte, posizione 33), Tignanello di Antinori (Toscana, 39) e Ornellaia di Frescobaldi al 43esimo gradino mondiale.
GLI INCREMENTI
«Se la Toscana, e in particolare il terroir di Montalcino – spiega Alessandro Regoli, direttore di Winenews - ha ottenuto i maggiori incrementi di posizione, uno sguardo più approfondito rivela un insieme eterogeneo dei produttori italiani che sono entrati nella lista di quest’anno, a dimostrazione di un panorama enoico vivace, dove l’omogeneità sta nella qualità della proposta».
GLI ACQUIRENTI
Il mercato dei fine wines del 2024 è stato caratterizzato da due tendenze: l’attività è rimasta elevata, con un numero di vini scambiati costante (+ 7,9% delle operazioni), ma con una riluttanza maggiore degli acquirenti ad acquistare quantità di bottiglie che non possono spostare rapidamente, con un conseguente calo dei volumi scambiati del -6,5%. Gli analisti di Live-ex, affermano quindi «che man mano che la fiducia si è allontanata dal mercato, i player si sono orientati verso i marchi che rappresentano le scommesse meno rischiose».
I BROKER
L’appeal non sono, quindi, le bottiglie di annate particolari da conservare in cassaforte, ma l’incrocio di marchi storici e prezzi che invitano a stappare e consumare le bottiglie. «Il mercato è ancora alla ricerca di un punto di svolta», conclude l’analisi del Live-ex. Secondo la maggioranza dei 50 big player mondiali del vino di alta gamma la ripresa non ci sarà prima del 2027. Interrogati da Wine Lister, il portale specializzato in vini da collezione ed investimento del gruppo “Le Figaro”, i maggiori broker internazionali indicano «tra i territori italiani più sugli scudi il Piemonte, baluardo della classicità, e la Sicilia, ormai non più regione emergente».