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Elisabetta Vernoni, la madre di Cecilia Sala a Palazzo Chigi: «Sono un soldato come lei, ma temo che resti segnata»

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«Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita». Nelle parole di Elisabetta Vernoni c’è la preoccupazione di una mamma che, pur cercando di farsi forza per dare forza a sua figlia, lascia trasparire la preoccupazione per il suo futuro, per delle cicatrici psicologiche che potrebbero non guarire. Perché è chiaro che l’incubo che sta vivendo Cecilia Sala finirà e che uscirà - si spera quanto prima - dal carcere iraniano di Evin, dove è reclusa da 15 giorni. Ma se le condizioni di detenzione continuano a essere quelle attuali, lontanissime dalla dignità umana, il rischio è che la giornalista italiana esca solo fisicamente da quella cella, mentre con la testa resti lì. Lasciando Palazzo Chigi, dove ieri ha incontrato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, Elisabetta Vernoni ha risposto alle domande dei cronisti sulle possibili tempistiche della liberazione di Cecilia: «Qualche cosa mi hanno detto, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise. Se pensiamo a giorni o altro, io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un’eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini». C’è una tempra rara in questa madre, che mostra grande coraggio nell’affrontare un’esperienza così drammatica. «Sul rientro in Italia, io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari».

Cecilia Sala, la mamma Elisabetta Vernoni: «Non ha fatto nulla. Le condizioni carcerarie non possono segnare mia figlia a vita»

LE CONDIZIONI

Mercoledì la giornalista ha avuto il permesso di telefonare alla sua famiglia, per la seconda volta da quando è stata reclusa lo scorso 19 dicembre. Ed è emerso che dorme per terra, con una luce sempre accesa puntata sul viso. Finora non ha ricevuto il pacco, consegnato sabato dall’ambasciata alle autorità del carcere iraniano, che conteneva articoli per l’igiene, quattro libri, sigarette, un panettone e una mascherina per coprire gli occhi. Non ha un foglio di carta sul quale scrivere e non le è permesso nemmeno di tenere gli occhiali. «Avrei preferito avere notizie più rassicuranti da parte sua - ha confessato la madre di Cecilia - E invece alla domanda che le ho fatto (glielo ho chiesto io, perché non me lo stava dicendo) se avesse un cuscino pulito su cui appoggiare la testa, mi ha detto: “mamma, non ho un cuscino, né un materasso”». Poi, per delineare meglio il quadro della grave situazione in cui si trova sua figlia, ha aggiunto: «Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo. E lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra nel 2024, fa pensare che sia così». «Le telefonate non sono frequenti - ha precisato Elisabetta Vernoni - È stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri (l’altro ieri, ndr) è stato proprio un regalo inaspettato. Le telefonate arrivano così inaspettate, quando vogliono loro. Quindi io sono lì, solo ad aspettare». Diversa la versione dell’ambasciatore iraniano a Roma Mohammad Reza Sabouri. Ieri mattina, nel corso dell'incontro alla Farnesina, ha specificato «che sin dai primi momenti dell'arresto» di Sala «si è garantito l’accesso consolare all'ambasciata italiana a Teheran e le sono state inoltre fornite tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari».

«ABBIAMO FIDUCIA»

«Capire è una parola inutile. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto». Però, sicuramente, «questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato - ha confessato la signora Vernoni - Avevo il bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme su cose di questo genere. La premier ha fatto un salto di qualità dalle rassicurazioni che ricevo sempre: è stata più precisa e puntuale. È questo che io volevo, e questo ho avuto. Anche perché dopo la telefonata con Cecilia c’è stato un cambio d’umore forte». Sempre ieri, dopo l’incontro a Palazzo Chigi con la madre, Meloni ha avuto un colloquio telefonico con il padre, Renato Sala. «La fiducia è tanta, sicuramente stanno lavorando e io sono un po’ come Cecilia, sono un po’ un soldato - ha concluso questa donna- Aspetto e rispetto il lavoro che stanno facendo».

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