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In una campagna elettorale moscia e spopolata, questa volta la gente c’è. E c’è soprattutto perché c’è Giorgia Meloni. La leader del centrodestra, insieme al suo presepe cioè Tajani, Salvini e Lupi, chiude la campagna elettorale dell’Umbria. Ma parla più che altro - niente Musk e niente Trump, anche se a un certo punto la premier si precipita nel retropalco e tutti a dire: «L’ha chiamata il presidente degli Stati Uniti? Ma quale dei due: Donald o Elon?» - dei giudici e della sinistra. E non ne parla bene. Lo slogan che lancia, che ripete più volte e che estende a vari argomenti - «Nessuno ci fermerà» - è uno slogan che tradisce preoccupazione e coraggio. Il timore che gli avversari possano rompere l’idillio che lei è convinta, anche in base ai sondaggi oltre che ai risultati elettorali per esempio in Liguria, di avere con gli italiani - «Nessun governo, da quando esiste l’Italia, dopo due anni ha aumentato i consensi rispetto all’inizio» - e la forza per cui lei impedirà la vendetta dei nemici dell’interesse nazionale. Di cui il Pd è il capofila. Ma certi magistrati non sono da meno.
«Io rispetto la magistratura e non voglio nessuno scontro con nessuno - assicura nella sala gremita - ma farò tutto il possibile per fermare l'immigrazione irregolare di massa. Devo poter fare il mio lavoro. Devo poter mantenere l'impegno che ho preso con gli italiani. Questa è la cosa importante per me. Credo nello Stato e nelle istituzioni e ci dovrebbe essere collaborazione tra le istituzioni. Ma continuerò a fare quello che voglio e che devo fare e lo farò scavalcando ogni ostacolo». Una presa di posizione molto dura. Una nuova sfida a quei giudici che, in punta di diritto, contestano la strategia dei rimpatri rivolgendosi alle norme europee.
Meloni combat: «La ratio di alcune decisioni è quella di impedire a questo governo di bloccare l’immigrazione illegale». E ancora: «Non voglio alcuno scontro con la magistratura, figuriamoci: io ho cominciato il mio impegno politico da giovanissima pensando al modello di Paolo Borsellino. Ma trovo irragionevoli alcuni pronunciamenti dei giudici». E dunque la battaglia tra politica e togati continua e continuerà. Con ovvie ricadute su tutti i livelli istituzionali.
Quanto alla sinistra, Meloni attacca Schlein: «A von der Leyen lei dice che non voteranno Fitto. Ma perché non lo dice apertamente a tutti? ». La sinistra anti-italiana è il leit motiv. Quella sinistra che, «non sapendo fare politica in Italia, chiede aiuto fuori casa. Spera che l’Europa blocchi la nostra politica contro l’immigrazione illegale di massa». Ma, appunto, contro tutti i frenatori, gli scettici e i nemici: «Noi non ci faremo fermare». Né in Albania nè in Italia.
Ovazione. Grida: «Giorgia, Giorgia». Mentre poco prima il coro è stato «Forza Antonio» quando Tajani ha detto che non ha paura delle minacce degli estremisti Pro Palestina, ed è un colmo che questi avvertimenti violenti siano rivolti contro di lui: «Noi siamo quelli che hanno avviato il programma Food for Gaza, che facciamo curare i bambini palestinesi bombardati, che portiamo una nave-ospedale e mandiamo i tir pieni di medicinali e di generi alimentari a quel popolo vittima della guerra». Applausi pure per Salvini e per Lupi, e perfino per Bandecchi, leader di Alternativa Popolare che promette il suo 1,8 per cento al centrodestra in questa partita e che fa un discorso un po’ strampalato: «Tesei, la nostra presidente umbra che rivincerà tra poche ore, è un chicco di caffè. Perché il chicco di caffè a contatto con l’acqua calda non si squaglia come una carota e non si irrigidisce come un uovo sodo. Ma produce una bevanda meravigliosa: il caffè, appunto».
NO DIPLOMATISMI
Ma è Meloni la star. E’ qui, e non era in Emilia lunedì per la chiusura di quell’altra campagna elettorale, perché è convinta che in Umbria la sinistra verrà sconfitta. Il botta e risposta fra Elon Musk e Sergio Mattarella non lo cita. Ma non eccede in diplomatismi. Il format è questo: noi siamo la praticità governante, gli altri sono l’ideologia a vanvera. Tanto a livello nazionale - «La sinistra sa solo dividersi e demonizzare» - quanto a livello regionale. Racconta di Stefania Proietti, la candidata umbra del centrosinistra, che sul palco ha stracciato e buttato in un cestino il programma elettorale del centrodestra. «Io non farei mai una cosa del genere, ammesso che la sinistra abbia un programma...», ironizza la premier. Che nei suoi attacchi non risparmia Landini: «Quando governava la sinistra, e tagliava i soldi ai lavoratori, nessuno sciopero generale. Quando governava la sinistra e salvavano le banche, mentre noi le tassiamo, nessuno sciopero generale. Hanno abbandonato il popolo e l’interesse nazionale, perciò perdono loro e perde tutta la sinistra». Poi la butta sull’Umbria, citando i risultati di cinque anni del governo Tesei. E aggiungendo: «L’Umbria sarà la dodicesima vittoria su 13 elezioni da quando siamo al governo». Ma ora si tratta, per il centrodestra, di vincere in Umbria. «Si può fare?», chiedono i big dal palco. E la platea: «Sììììì». L’ultima battuta è sull’America: «Certo lì hanno vinto i rossi? Ah già, sono i Repubblicani però, non i democratici...».