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Elon Musk, ma quale saluto romano: ecco come è nata la mossa amata dagli americani

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Marco Patricelli 23 gennaio 2025

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Forse Elon Musk indicava Marte, e invece con la solita prospettiva monomaniacale la sinistra nostrana si è fermata al braccio teso per gridare al fascismo redivivo, l’onnipresente Ur-fascismo di Umberto Eco. Un’ossessione da trattato psicanalitico, il solito minestrone sciapo e riscaldato con dentro latinità, romanità, mussolinismo, nostalgismo, Hollywood sul Tevere con i sandaloni e da ultimo le invenzioni caricaturali della fiction tv M.. Musk, l’ex idolo della sinistra detronizzato dopo l’appoggio a Trump, si è battuto in pubblico e sul palco la mano sul cuore e ha poi teso il braccio in avanti per proiettarlo sulla folla. Apriti cielo, ecco esplodere i corifei in salsa tricolore su legioni di camicie nere a stelle e strisce guidate dal nuovo duce della vittoriosa marcia su Washington con i capelli a barba di pannocchia: quello che vuol rivoltare gli Usa come un calzino, al pari dell’ex giornalista di Predappio con l’Italietta liberale. Sotto il cielo d’Italia la confusione regna sovrana, in una perenne “ammuina” borbonica applicata alla politica: basta muoversi di qua e di là, di su e di giù, ed ecco il caos spacciato per disegno fascista preordinato.

Epperò il saluto romano non era affatto romano. Non c’è alcuna riprova storica che i nostri avi si salutassero così, mentre è invece certo che non usavano l’«A noi!» ma utilizzavano la forma «Salve» o «Ave». Lo sa certamente il ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, di solidi trascorsi da romanista. Il saluto romano, insomma, fa il paio con l’invenzione cinematografica nei film peplum dove si mostravano il pollice verso e il pollice su per decidere nel circo la sorte dei gladiatori sconfitti, da uccidere o graziare. Se tutto deriva da Roma e tutte le derivazioni di cui si è appropriato il fascismo diventano modello di dittatura, allora si possono davvero chiudere baracca e burattini, perché la latinità è la principale radice fondante della civiltà occidentale, e su questo c’è poco da discutere. E chi non l’ha avuta, l’ha agognata e adottata, dai tedeschi (legatissimi culturalmente a quel mondo) ai lontani americani.

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"Antifascisti, sempre!": la sconcertante risposta della Schlein sul "saluto romano" di Elon Musk

Gli Stati Uniti protestanti, anglosassoni ed espressione del Nuovo mondo, hanno come motto il latino E pluribus unum (da molti uno). Il fascio littorio, che indicava il potere dei littori (se c’era l’ascia, anche quello di morte), ha sempre simboleggiato la forza dall’unione, come insegna l’apologo del padre che in punto di morte ai figli litigiosi mostra quanto sia facile spezzare una singola verga e quanto difficile fare lo stesso con un insieme. L’Anpi nostrana non è mai insorta per stigmatizzare che il presidente che liberò gli schiavi neri, Abraham Lincoln, nella statua davanti al Memorial è stato raffigurato mentre poggia deciso le mani su due fasci littori che sorreggono il suo scranno. La caccia contemporanea ai fantasmi fascisti fa esplodere gli anacronismi col fascismo e la filiazione latina, come la Repubblica francese, la Repubblica Cisalpina dell’Italia preunitaria, addirittura la Repubblica romana di Giuseppe Mazzini nel 1848: tutte simboleggiate dal fascio littorio, come il Congresso degli Stati Uniti dove ben due fasci fanno ala alla bandiera della libertà sormontata dalla scritta «In God we trust». Se poi si va a caccia di municipi europei in ordine sparso, allora di fasci romani sui simboli araldici ne spuntano a bizzeffe. E poi, diciamocelo pure: a chi non è mai capitato di salutare qualcuno a distanza levando il braccio? Per fare di tutt’erba un fascio basta una foto scattata proprio in quel momento.

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