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Filippo Turetta: «Voglio essere interrogato». Processo lampo per l?omicidio di Giulia Cecchettin

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La richiesta è stata avanzata direttamente dall’imputato e presentata all’ufficio matricola: «Voglio essere interrogato», scrive Filippo Turetta alla Corte d’Assise di Venezia. «Una decisione consapevole, sa di dover rendere conto di ciò che ha fatto al suo giudice, alla comunità, alle persone offese. Anche per onorare la memoria di Giulia», afferma il suo avvocato Giovanni Caruso. Turetta sarà in aula il 25 e il 28 ottobre, davanti al collegio presieduto da Stefano Manduzio dovrà ricostruire ciò che ha confessato di avere commesso l’11 novembre 2023. L’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, massacrata con 75 coltellate, il corpo gettato in un dirupo, la fuga in Germania. E anche cosa lo abbia spinto a trascinare la ragazza nell’abisso, al di la delle confuse ammissioni messe a verbale come «avevo paura di perderla», «non volevo si laureasse prima di me».

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Cinque udienze

Il processo per l’omicidio di Giulia è cominciato ieri senza l’imputato in aula, rimasto in cella nel carcere di Montorio. «Gliel’ho suggerito io - puntualizza il legale - Non è una mancanza di riguardo nei confronti della Corte e della famiglia. Vederete, verrà». Turetta, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, sequestro di persona e porto d’armi, rischia l’ergastolo. E quello nei suoi confronti sarà un procedimento lampo: rito immediato, esclusa la costituzione di sette parti civili e accolte solo quelle della famiglia di Giulia, sei udienze in tutto, sentenza il 3 dicembre. I giudici accolgono «l’accordo delle parti, ossia l’acquisizione di tutto il fascicolo del pm e la richiesta di esame» chiesto dal giovane, dando così il consenso a un processo record per celerità. Spiega l’avvocato Caruso che «fare in fretta è anche nell’interesse dell’imputato, poi saranno i giudici a stabilire se Filippo merita l’ergastolo, oppure se un ragazzo di ventidue anni può essere condannato a trent’anni». Comunque andrà, riflette, «che cominci subito a espiare la sua pena, in seguito potrebbero esserci istituti come la giustizia riparativa che valuteremo se possano essere applicati». In nome dell’economicità del processo il difensore rinuncia anche all’esame della consulente medico legale, la relazione autoptica è già esaustiva e la deposizione non avrebbe inciso «nemmeno sull’aggravante della crudeltà», precisa. Sul fronte giuridico-argomentativo, invece, «possiamo discutere sulla contestata premeditazione». Un cammino che Turetta ha scelto con contezza, «ha capito il percorso che sta facendo, anche se da qui a maturare il gesto compiuto è un’altra cosa». Ma la scelta del processo «breve», senza richiesta di perizia psichiatrica, è legata proprio «all’evoluzione personale compiuta da Filippo sul gravissimo delitto commesso», rimarca il legale. Favorevole a una giustizia rapida è anche il pm Andrea Petroni, che rinuncia a una lista testimoni in cui compaiono trenta tra investigatori e persone vicine a Giulia. Solo per la famiglia viene ammessa la costituzione di parte civile e nei confronti del reo confesso i Cecchettin rivendicano un danno di oltre due milioni di euro: un milione la richiesta di papà Gino, 380 mila euro per il fratello Davide e verosimilmente una cifra simile per la sorella Elena, 150 mila euro ciascuno per lo zio Alessio e la nonna Carla Gatto. Escono invece dal processo i Comuni di Fossò e di Vigonovo, oltre alle associazioni a tutela delle donne. L’istanza di non ammissione è stata presentata dalla difesa dell’imputato: «Credo che un caso tragico come questo debba aiutare la nostra comunità a capire che Turetta merita una pena e non un processo mediatico. E che Filippo non debba diventare il vessillo di una battaglia culturale contro la battaglia di genere».

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Responsabilità

Anche per questo Filippo non si è presentato e al Procuratore di Venezia Bruno Cherchi, che assiste all’avvio della prima udienza, preme riportare la questione in ambito giuridico. «Il processo è sulle responsabilità personali. È un processo non al femminicidio, ma solo a Filippo Turetta», traccia la linea. «Non è uno studio sociologico, bensì un accertamento delle responsabilità». Cherchi parla da magistrato, la nonna di Giulia con il cuore. «Al suo posto sarei stata presente, nonostante tutto. Avrebbe dovuto metterci la faccia», il pensiero di Carla Gatto, che entra per la prima volta in un’aula di Tribunale. «Quello che è successo alla mia bambina è atroce, spero lui se ne renda conto. Per noi sono otto mesi di sofferenza devastante, anche se cerchiamo di mascherarla. Perché alla fine bisogna vivere».

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