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Gabriele Renna, carabiniere salva un 20enne che si è gettato dal tetto: «Voleva morire, così ho fatto scudo con il mio corpo»

7 mesi fa 33
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PIACENZA Non ci ha pensato due volte e quando ha visto il ragazzo cadere dal tetto si è lanciato verso di lui incrociandone la traiettoria. Con il suo corpo ne ha attutito l'impatto a terra. Il giovane ha riportato diversi traumi ma, tutto sommato, sta bene. In una giornata che poteva finire in tragedia, il coraggio e l'istinto del maresciallo ordinario dei carabinieri Gabriele Renna, comandante della stazione di Bobbio (Piacenza), hanno fatto la differenza salvando la vita a un ventenne in preda alla disperazione. «Non mi sento un eroe, ho fatto un gesto istintivo che mi sono sentito di fare in quel momento», afferma il militare.

LA DINAMICA

A mezzogiorno di sabato, l'incantevole borgo dell'entroterra piacentino è stato attraversato da un allarme. Qualcuno aveva chiamato i carabinieri dicendo che un suo familiare aveva postato sui social un messaggio in cui esprimeva l'intenzione di farla finita. «Sapevo dove abitava il ragazzo, lo conosco dall'anno scorso. Ha alle spalle una storia difficile e cercavo in qualche modo di seguirlo», racconta il maresciallo. Con un collega della stazione si è precipitato nella casa di campagna fuori dal centro abitato dove il ventenne vive col padre.

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La situazione è apparsa sin da subito critica: il giovane era infatti sul tetto, sopra il secondo piano dell'edificio, con evidenti segni di alterazione da alcol. «Era seduto con le gambe a penzoloni, gli abbiamo detto di rientrare e di non fare cavolate, ma non ci dava retta», prosegue il comandante, che ha così mandato sul tetto l'altro militare, un ex paracadutista, mentre lui provava a tenere impegnato il ragazzo parlandogli.
Ma il ventenne non sembrava affatto intenzionato a ritornare sui suoi passi e, nell'arco di pochi minuti, la situazione è degenerata; il giovane ha iniziato a lasciarsi andare aggrappandosi con le mani alla grondaia. Il resto del corpo dondolava nel vuoto. «Per fortuna si muoveva lentamente, come se volesse scendere continua Renna - Non si è lanciato direttamente». Ma quando le forze gli sono venute meno, il giovane ha mollato la canalina dell'acqua ed è precipitato per sei metri nel vuoto. Renna, che si era già posizionato sotto di lui, si è tuffato facendogli da scuso. «Ho avuto l'istinto di andargli incontro per attutire il colpo e così ci siamo scontrati. È stato come dare una spallata forte a qualcuno. Poi lui è caduto a terra e io pure».

I SOCCORSI

I soccorsi erano già arrivati, sull'autoambulanza il ventenne è rimasto cosciente e ha ringraziato tutti: i medici, gli infermieri e i due carabinieri. «Senza di voi non ce l'avrei fatta», ha detto. Il momento più toccante? «Quando ha riconosciuto la mia voce, mi ha chiamato per nome: maresciallo Renna. È stato commovente sentirlo riconoscermi», confessa il militare. Le ferite del giovane ne hanno richiesto il ricovero all'ospedale Maggiore di Parma, ma la prognosi sembra incoraggiante.

IL PROFILO

Renna, originario del Piacentino a Bobbio da 40 anni, sottolinea il ruolo del fato: «Non sarei nemmeno dovuto essere lì», dice. In un primo momento il comandante della stazione aveva chiesto a una pattuglia di raggiungere il casolare, ma i colleghi erano impegnati in un incidente stradale. «Quindi sono uscito io con un altro militare racconta Renna - La fatalità a volte fa accadere le cose. Spero che poi si concludano nel migliore dei modi con la guarigione del ragazzo».
Il comandante era già a conoscenza dei problemi del ragazzo, come spesso avviene in una piccola comunità. «Essendo in una compagnia di un comune di 5mila abitanti, si cerca di far sentire la propria presenza ai cittadini, rassicurando chi chiede aiuto per i più svariati motivi. Non abbiamo le problematiche delle grandi città e il nostro compito non è solo quello di prevenire e reprimere, ma anche di rassicura i cittadini su tanti problemi che possono sembrare piccoli, ma che per loro sono gravosi».
Il maresciallo intende rimanere in contatto con i familiari e incontrare nuovamente il giovane. «La nostra preoccupazione principale ribadisce - è che il gesto abbia contribuito a limitare il danno e che il giovane si rimetta. È la cosa a cui tengo di più».

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