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Gaza, cosa succede ora? Nessun leader credibile e la presenza israeliana, tutte le incognite sul futuro

1 settimana fa 3
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L’accordo è pronto, ma non la pace. Gaza è un territorio devastato, con centinaia di migliaia di sfollati, un numero incalcolabile di morti, ancora troppi ostaggi nelle mani di Hamas, soldati ma anche civili, e le gang che spadroneggiano a caccia degli aiuti internazionali. A decidere per Hamas e per la Striscia è ancora Muhammed Sinwar, il fratello di Yahya, il leader ucciso dopo aver lanciato un bastone contro il drone di Israele entrato nella stanza in cui si era rifugiato. Sinwar era il diabolico stratega del 7 ottobre, aveva il fegato di strangolare con le proprie mani i traditori. Il fratello non sarà da meno. Marwan Barghouti, una delle più popolari figure della resistenza palestinese, indicato pure da settori della politica israeliana come possibile successore della cupola di Hamas perché gli israeliani dialogano con lui dopo decenni nelle loro carceri, ed è capace di tenere insieme le fazioni palestinesi in virtù del suo carisma e del suo passato di guida della seconda Intifada, resta in prigione.

IL PERIMETRO

Rimane l’incognita del controllo che gli israeliani vogliono continuare a mantenere su Gaza, per evitare un altro 7 ottobre e per poter intervenire in qualsiasi momento per stroncare qualsiasi forma di aggressione esondando fuori dal perimetro della Striscia. Anche in questi giorni i media internazionali parlano di «guerra infinita» per Israele, a Gaza. L’offensiva in Libano ha consentito all’Idf, l’esercito con la Stella di Davide, di degradare la capacità militare delle milizie sciite filo-iraniane, Hezbollah, e due differenti ondate missilistiche hanno di fatto neutralizzato il grosso della difesa anti-aerea iraniana. Ma Israele non ha debellato Hamas a Gaza e non sa come spazzar via gli Houthi dallo Yemen. Con tecnologie e sistemi d’arma avanzati, dopo anni di approvvigionamenti e assistenza militare di Teheran, e “addestramento” alla guerra in un conflitto come quello, brutale, coi sauditi, gli Houthi sono ancora solidi alleati di Hamas a Gaza. E dell’Iran che li ha riforniti e fatti crescere.

LE MAPPE

Il destino di Gaza non è slegato da quello del Medio Oriente nel suo complesso. Il premier israeliano, Netanyahu, lo aveva detto: la regione sarà «rimodellata». Ci sarà un nuovo Medio Oriente. Nel suo ufficio di primo ministro, così come nelle cancellerie occidentali, ci sono già le mappe, i piani per la ricostruzione della Striscia. I Paesi del Golfo, la Turchia e altri “amici” della Palestina si preparano a investire i loro miliardi, e le Nazioni Unite non hanno mai smesso di inviare a Gaza una montagna di fondi e aiuti. Ma la duplice intransigenza, quella di Israele e del vertice di Hamas, fanno pensare che la pace vera, la stabilità, o almeno la quiete dopo la tempesta, a dispetto della tregua, non siano ancora dietro l’angolo. Il tessuto sociale è devastato nei territori della Cisgiordania, dove gli ebrei degli insediamenti sono armati e tengono le posizioni. Convergono verso la pace il vecchio e il nuovo presidente Usa, Biden e Trump, uniti nel desiderio di arrivare a un compromesso che sia l’anticamera della pace il prima possibile, perché Biden possa dire di avere ottenuto ciò che aveva promesso e Trump di aver mantenuto la promessa di raggiungere il cessate il fuoco appena messo piede nello Studio Ovale, il 20 gennaio. Israele non vuole il governo di Hamas e neppure dell’Autorità palestinese nella Striscia, ma quello dei capi-clan precedenti all’avvento di Hamas. Eppure, Hamas esiste ancora, con i suoi leader superstiti. Finché ci sarà un Sinwar nella stanza segreta dei bottoni a Gaza, non ci sarà pace per il Medio Oriente.

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