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Se l’obiettivo di Donald Trump era quello di innescare una reazione a catena, si può dire che, almeno in parte, è stato raggiunto. Tra sogni di annessione di Panama, Groenlandia e Canada e l’ipotesi di rinominare il Golfo del Messico, la conferenza stampa in Florida ha decisamente lasciato il segno. E se qualcuno ha provato a minimizzare e qualcun altro, come la presidente del Messico Claudia Sheinbaum, ha ironizzato su chiamare gli Stati Uniti «America messicana», nella maggior parte dei casi le parole del tycoon non sono state prese con leggerezza. Perché Trump a breve sarà nella Casa Bianca. E l’inquietudine si può leggere tra le righe delle dichiarazioni più dure come in quelle più caute, se non addirittura timorose. Ma tra queste, ciò che spicca è la timidezza con cui la Commissione europea ha risposto alle provocazioni del tycoon.
Canada nella lista di Trump: «Non ci faremo intimidire». E c’è chi lo vorrebbe nell’Ue
L’ASSE
«La Carta delle Nazioni Unite è molto chiara su integrità territoriale e principio di sovranità, ed è stata firmata da tutti gli Stati membri» ha ricordato il portavoce dell'Onu, Stephane Dujarric. Tornando sul tema della Groenlandia, il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha detto che «è fuori questione che l'Unione europea lasci che un altro Paese del mondo attacchi i suoi confini sovrani». E mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha ribadito che «i confini non devono essere spostati con la forza», il ministro della Difesa, Boris Pistorius, ha ricordato che il diritto internazionale «non vale solo per gli autocrati come Vladimir Putin, ma a maggior ragione per il leader del mondo libero».
Il muro di Emmanuel Macron e Scholz è calato subito, ma è apparso come il sussulto di un asse franco-tedesco che negli ultimi anni ha perso quella forza che lo rendeva il motore dell’Ue. Ma per molti osservatori è proprio la reazione di Bruxelles ad essere stata quasi ambigua. La Commissione ha detto che «la sovranità degli Stati deve essere rispettata» ma anche che «l'Ue non vede l'ora di lavorare per un'agenda transatlantica più forte con la prossima amministrazione Usa». Una portavoce ha ricordato che l'articolo 42 del Trattato prevede la cosiddetta clausola di difesa reciproca. «Ma si tratta di qualcosa di estremamente teorico che non vogliamo approfondire», hanno evidenziato da Bruxelles. Segno che nessuno vuole intraprendere strade diplomatiche inesplorate.
LA COOPERAZIONE
Vie considerate pericolose persino dalla Danimarca, che ancora mantiene l’autorità sulla Groenlandia. Secondo le premier Mette Frederiksen, c’è «motivo di rallegrarsi del crescente interesse americano» verso l’Artico, anche se “tutto ciò dovrà avvenire in modo rispettoso del popolo groenlandese». Il ministro degli Esteri, Lars Løkke Rasmussen, ha detto che Copenaghen è «aperta al dialogo» sulla regione invocando una cooperazione con gli Usa «ancora più stretta». E l’impressione è che la partita sia ancora lontana dal fischio finale. Ieri Trump, sul social Truth, ha lanciato l’ennesima provocazione: una mappa del Nord America in cui il Canada fa parte degli Stati Uniti. Il segretario di Stato Antony Blinken, in conferenza stampa a Parigi, sulle mire in Groenlandia ha espresso in modo chiaro il pensiero dell’amministrazione uscente: «Non è una buona idea, ma soprattutto non si realizzerà». Ma tra pochi giorni lo scettro passerà al repubblicano. E le reazioni delle cancellerie europee fanno capire che le dichiarazioni di Trump, per quanto altisonanti, sanno raggiungere il loro scopo.
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