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Il grande ritorno dei cervellotici test di medicina, si spazia da Sandra Milo agli eschimesi

6 mesi fa 5
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Un fugace accenno al codice deontologico medico poi nella sezione «competenze di lettura e conoscenze acquisite negli studi» è tutto un susseguirsi di domande cervellotiche, sull’editto di Carlo Magno e sull’enciclica Luadato sii, ma anche su chi ha firmato la ricostruzione del ponte Morandi, sugli eschimesi e persino su Sandra Milo.

Benvenuti nei 3.500 quiz preparatori al test di ammissione a medicina che si terrà a fine maggio. Domande sulla quali i candidati al camice bianco potranno esercitarsi questo mese ma da cui verranno comunque estratte alla fine i 60 quesiti che spalancheranno o meno le porte delle Facoltà di medicina. Dove il governo non fa mistero di voler in parte superare il numero chiuso che ancora ne limita l’accesso. Non a caso la ministra dell’Università e della Ricerca, nell’annunciare il database presente da ieri sul portale del Mur, ha tenuto a precisare che «si tratta comunque di una tappa intermedia, perché c’è una riforma alle porte». L’idea è quella di porre fine ai test cervellotici, i famigerati Tolc, spostando avanti la selezione di sei mesi, finite le superiori. Periodo durante il quale chiunque voglia si potrà cimentare in un semestre propedeutico all’accesso a tutte le Facoltà di area biomedica, comprese infermieristica, biologia, farmacia e veterinaria.

Finito il semestre, chi avrà conseguito tutti i crediti formativi in medicina potrà andare avanti, altrimenti potrà utilizzare quanto acquisito per un altro corso di studi affine, che dovrà essere indicato come seconda scelta al momento della doppia e gratuita iscrizione al semestre propedeutico. Questo non significa però che il numero chiuso sarà messo in soffitta, perché attingendo a una graduatoria nazionale andranno poi avanti i migliori, in numero programmato definito sulla base dell’effettivo fabbisogno dell’Ssn a corto di camici bianchi. Ma anche del numero di borse di studio per le scuole di specializzazione che lo Stato sarà in grado di finanziare. Una soluzione bocciata dal presidente dell’Ordine dei Medici, Filippo Anelli, che giudica però anacronistici anche i test pubblicati ieri sul sito del ministero dell’Università.

Dottor Anelli, ci risiamo. Ma che c’entra Sandra Milo con la vocazione e la predisposizione a fare il medico?
«Nulla di nulla. Sono quiz legati ancora a una concezione vecchia e superata, che cerca con quesiti strampalati di capire se i ragazzi possiedono o meno un grado di preparazione generale. E, sia detto per inciso, le domande sulle quali dovranno prepararsi i ragazzi quest’anno sono anche peggiori di quelli passati».

Se non vale la cultura generale cosa servirebbe allora testare?
«Dobbiamo aiutare i giovani a pianificare la propria vita futura avviandoli un anno prima di finire le scuole superiori a un percorso di formazione con corsi online garantiti dall’Università, che servano a fargli comprendere se hanno la vocazione e la predisposizione a fare i medici. Dopo questo periodo formativo si selezioneranno poi i migliori che avranno diritto in base a una graduatoria ad accedere alle Facoltà di medicina».

Con un esame finale?
«No, perché gli esami sono troppo condizionati dalla discrezionalità dei docenti, anche solo da come viene fatta una domanda. Meglio affidarsi ai test, che sono però ben altra cosa quando vengono sottoposti al termine di un percorso formativo».

Ma ce la fanno i ragazzi a seguire questo corso propedeutico a medicina mentre devono prepararsi alla maturità?
«In cento licei si è già sperimentata la cosiddetta “curvatura biomedica”, che con un approccio ancora più graduale ha consentito ai giovani degli ultimi due anni di prepararsi il pomeriggio in fisica, biologia e diverse materie cliniche. I risultati sono stati migliori della media sia ai test di ammissione che alla maturità».

La riforma a cui pensano maggiorana e governo però è un’altra cosa o sbaglio?
«Non sbaglia ed è una soluzione che non ci piace, perché rischia tra l’altro di far perdere un anno ai ragazzi. La riforma anziché nel un corso nell’ultimo anno scolastico prevede sei mesi di formazione dopo la maturità , durante i quali gli studenti verranno giudicati su almeno tre materie: chimica, fisica e biologia. So che a queste si vorrebbe aggiungere anatomia, che a mia parere è un esame troppo complesso per chi deve ancora essere avviato al percorso universitario vero e proprio. Al termine di questo percorso gli aspiranti medici verrebbero iscritti a una graduatoria basata sui punteggi ottenuti sulle varie materie. Chi resterà fuori potrà utilizzare i crediti formativi accumulati per scegliere eventualmente un’altra Facoltà di aera bio-medica, come farmacia, veterinaria, infermieristica o biologia».

E cosa c’è che non va in questo?
«Che così o si finisce per deviare un sogno verso altre Facoltà che potrebbero essere percepite a torto minori dai ragazzi, oppure, come più probabile, si finirà per far perdere loro un anno di studi. E poi non vorrei serva ad abrogare il numero chiuso».

Se così fosse?
«Finirebbe solo per creare migliaia di medici disoccupati in più da qui a 10 anni, che finiranno per andare a lavorare all’estero. Considerando quanto costa formare un medico per ciascuno che faremo andar via sarà come aver regalato una Ferrari a un Paese straniero. Perché è solo una questione di calcoli. Già con il raddoppio a 20mila studenti degli accessi programmati a medicina e l’aumento delle borse di studio degli specializzandi nel 2034 avremo 13mila medici in esubero. Che raddoppierebbero se venisse del tutto cancellato il numero programmato».

Il testo della riforma all’esame del Parlamento non sembra però abrogare il numero chiuso…
«È vero, alla fine del semestre iniziale di orientamento ci sarà pur sempre una programmazione degli accessi in funzione del fabbisogno di personale e del numero di borse di studio finanziate. E questo è un fatto positivo. Quello che non va bene è proprio quel semestre formativo aperto indiscriminatamente a tutti, che potrebbe mettere in crisi molte Università che non sono in grado di reggere l’impatto di così tante iscrizioni. Perché poi per fare formazione medica servono docenti, aule, attrezzature, lavoratori».

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