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Per quanto riguarda la minaccia influenza aviaria, «insieme all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) monitoriamo costantemente la situazione globale sul rischio di focolai di influenza zoonotica tra cui l'influenza aviaria causata dal ceppo A H5». Ad assicurare attenzione su questo fronte caldo è stato Steffen Thirstrup, Chief Medical Officer dell'Agenzia europea del farmaco Ema, in occasione del primo briefing dell'anno con la stampa. «Credo che siamo ben preparati contro questa possibile pandemia di influenza aviaria - ha continuato Thirstrup - perché abbiamo diversi vaccini già approvati che possono fornire una copertura generale contro l'influenza aviaria, e abbiamo anche vaccini che possono essere adattati in una situazione di emergenza per rispondere al ceppo specifico di una potenziale pandemia. Tutti questi vaccini possono essere utilizzati negli adulti e nei bambini». Monitorare, ha concluso, "è importante perché il virus sta costantemente mutando e, sebbene la trasmissione umana del virus H5 sia rara, finora sembra che questi casi abbiano avuto un alto tasso di mortalità".
Il blocco del Regno Unito
«Ieri il Regno Unito ha annunciato il blocco temporaneo dell'import di carni bovine, ovine e suine dalla Germania, dopo che in Brandeburgo è scoppiato un importante focolaio di afta epizootica. Chiedo al ministro Lollobrigida di alzare l'attenzione su questa epidemia anche in Italia, per evitare un nuovo allarme nei consumatori e negli imprenditori agricoli, i cui allevamenti sono già gravati dal rischio aviaria, psa, bluetongue arrivata peraltro dal Nord Europa. La diffusione dell'epidemia sarebbe un altro, ennesimo, grave colpo per gli allevatori: occorre impedirla, anche attraverso il divieto di import di animali vivi direttamente o indirettamente dalla Germania». L'assessore regionale veneto e presidente degli assessori all'Agricoltura in Conferenza delle Regioni Federico Caner lancia un appello al ministro Francesco Lollobrigida, a tutela delle imprese del settore primario dopo la nuova allerta afta scoppiata in un allevamento di bufali in Brandeburgo. «L'anno scorso l'import di animali vivi, specialmente di mucche, pecore, maiali, dalla Germania è aumentato del 70% come rileva Coldiretti, anche se nell'ultimo trimestre si è assistito ad un calo a favore di acquisti da Francia e Olanda - prosegue Caner -solo per quanto riguarda i bovini importati in Veneto dalla Germania, tra gennaio ed ottobre del 2024 sono stati in totale 4.919, su un dato nazionale di 28.910 capi. Se a questi capi si aggiungono i suini e gli ovini, è comprensibile la preoccupazione crescente per questa nuova patologia. I controlli dei Servizi veterinari delle Regioni sono attentissimi ma è giusto potenziare anche quelli alle frontiere, e per questo faccio appello al ministro».
Il recente aumento
Con l'aumento lo scorso anno di quasi il 70% delle importazioni di animali vivi dalla Germania, tra mucche, pecore e maiali, è importante tenere alta la guardia contro i rischi legati alla diffusione dell'afta epizootica, a partire da un aumento dei controlli alle frontiere. A lanciare l'allarme è la Coldiretti dopo che il Regno Unito ha annunciato il bando temporaneo dell'import delle carni bovine, suine e ovine tedesche a causa dei recenti focolai della malattia riscontrati nel Paese teutonico. Seppur non pericolosa per gli essere umani, l'afta epizootica - spiega Coldiretti - è una malattia devastante per gli animali, che si manifesta con vesciche dolorose sulla bocca, sulla lingua, sul muso e sulle zampe, rendendo difficile ai capi cibarsi o addirittura camminare e imponendone l'isolamento o l'abbattimento. La diffusione di una nuova epidemia, secondo l'organizzazione agricola, sarebbe un ulteriore colpo per gli allevatori italiani dopo un'annata tra le più difficili mai vissute, tra peste suina africana e lingua blu, arrivata peraltro proprio dal Nord Europa. Malattie che - ricorda Coldiretti - hanno causato gravissimi danni, con l'abbattimento di decine di migliaia di animali tra mucche, pecore e maiali mentre le restrizioni alla movimentazione hanno di fatto paralizzato la normale attività aziendale. Ma a pesare sono anche i focolai di influenza aviaria negli allevamenti avicoli, anche qui con pesanti ripercussioni per le aziende colpite. Per tutelare gli allevatori italiani occorre dunque impedire - conclude Coldiretti - ogni rischio di diffusione dell'afta, effettuando controlli serrati sulle importazioni di animali vivi dall'estero, anche attraverso triangolazioni tra i Paesi. Attualmente la malattia è endemica in Medio Oriente, Africa, alcune zone dell'America e in diversi Stati asiatici. In Europa l'ultimo focolaio si è verificato in Bulgaria nel 2011; precedentemente, nel 2001, una grave epidemia aveva coinvolto dapprima il Regno Unito e successivamente Francia, Irlanda e Paesi Bassi.
I focolai in Italia
Dal 26 dicembre al 4 gennaio sono stati accertati 11 focolai di influenza aviaria in allevamenti tra le province di Mantova e di Verona, spesso correlati dal punto di vista epidemiologico. Gli ultimi quattro, accertati fra il 3 e il 4 gennaio nel Veronese, hanno interessato due allevamenti di tacchini, uno di polli e uno di ovaiole. Lo riferisce la sezione avicola di Confagricoltura Veneto. «Ci troviamo in piena emergenza - sottolinea il presidente della sezione, Michele Barbetta - con l'aggiornamento continuo delle zone di protezione e di sorveglianza, dove l'attività di allevamento viene interrotta o limitata, che solo nella provincia di Verona comprendono ben 1.650 allevamenti tra grandi, medi e piccoli. Non c'è dubbio che tutte le norme disposte dalle autorità sanitarie devono essere messe in atto. Siamo certi che c'è l'impegno di tutti gli allevatori professionali, però i danni si possono già contare e altri ce ne saranno». Per Diego Zoccante, presidente degli avicoltori di Confagricoltura Verona e dell'Associazione veneta allevatori (Ava) «stiamo ancora attendendo indennizzi dall'autunno 2022 in poi per danni indiretti. Il fatto allarmante è che il ministero non ha allocato fondi per questo problema. Ad oggi non si possono fare accasamenti nel Basso Veronese, dove si trova la maggior parte dei grandi allevamenti. Veniamo da quattro anni di sofferenza, perché è dal 2021 che ci sono casi di aviaria. Bisogna cambiare la strategia attuata fino ad adesso, visto che non è stata risolutiva, dal punto di vista della gestione del virus. Quel che è certo - conclude - è che il costo sociale del virus non può ricadere solo sull'allevatore: devono esserci forme di ammortizzatore sociale».