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Inter, il caso-Lautaro: ecco cosa c'è dietro la "grande fatica" dell'argentino

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Pasquale Guarro 25 settembre 2024

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«Bobo, sto facendo fatica». Lo sfogo, onesto quanto doloroso è di Lautaro Martinez, che raccogliendo una assist di Christian Vieri ha fotografato il suo particolare momento dopo l’amara sconfitta nel derby. Da bomber a bomber il messaggio arriva fluido, privo di interferenze e con la giusta empatia: «Non ossessionarti per i gol che adesso non arrivano, sei troppo forte, ne farai 200». Questo il pensiero che ha voluto rivolgergli Vieri, appaiato proprio con Lautaro a quota 123 reti nella classifica dei bomber nerazzurri di tutti i tempi. E invece il Toro è uno che non ci dorme di notte, un professionista che si è sempre messo a disposizione e che probabilmente adesso sta pagando la troppa generosità.

Lautaro arriva da una stagione “eterna” in cui ha giocato tantissimo e riposato niente. Questa estate, in accordo con Inzaghi e con il suo staff, l’argentino non ha svolto la preparazione fisica di inizio stagione al fine di potersi mettere a disposizione della squadra già nelle prime partite di agosto, cui invece avrebbe dovuto rinunciare se si fosse fermato per la preparazione. Sta di fatto che la scelta non ha pagato, rimettersi in forma giocando è affare lungo e controverso, tanto che ad oggi Lautaro appare piuttosto fuori forma. La questione è sia fisica che mentale, detto che il capitano sembra comunque in buona compagnia visto che Pavard, Mkhitaryan e Calhanoglu sono lontani dagli standard di rendimento della passata stagione.

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Ma allora cos’è che sta accadendo all’Inter? Qual è la vera causa di un avvio così stentato? La risposta è nella somma di tanti piccoli fattori, anche se il primo vero problema sembra essere quello che Inzaghi aveva voluto affrontare nella conferenza stampa di inizio stagione, prima ancora che si palesasse: «Ho fatto vedere ai miei calciatori come si sono classificate un anno dopo le squadre che avevano vinto lo scudetto». Inzaghi è sveglio e navigato, il rischio pancia piena lo aveva considerato e ne aveva voluto apertamente parlare alle soglie della nuova stagione.

L’inconscio è un mondo talvolta sconosciuto, un posto in cui accadono anche le cose che non vorresti, sospinte però da un vento che arriva da Nord, sempre dalla testa, quando forse si inizia a pensare ad altro, finendo implicitamente per condizionarsi. E l’altro, in casa Inter, si chiama “Europa che conta”: «Siamo una squadra che ha dominato lo scorso campionato, lasciando qualcosa in Champions League e quest’anno vogliamo fare di più anche in questa competizione”».

Il vice capitano Nicolò Barella ha parlato così dopo la meravigliosa partita pareggiata 0-0 contro i fenomeni del Manchester City (a proposito, in bocca al lupo a Rodri, crociato rotto nel match di Premier contro l’Arsenal e stagione finita per lo spagnolo), un incontro di pugilato in cui gli uomini di Inzaghi hanno risposto colpo su colpo a quelli di Guardiola, mostrandosi forti, autorevoli e decisamente adeguati al contesto. Ma il dubbio rimane legittimo: sul lungo periodo si può sperare di competere con club che hanno investito centinaia di milioni?

Il rischio è che in quello spogliatoio ci sia realmente la volontà di provare a compiere un miracolo, ma è un azzardo che potrebbe costare caro e il derby è un antipasto di quelle che potrebbero essere conseguenze ancora più antipatiche. L’Inter, che ha tutto per vincere il campionato, ha già perso qualche punto di troppo per giocare una grande partita in Europa, laddove però rischia di restare a bocca asciutta. Questo significa che la stagione sia in qualche modo compromessa? Non scherziamo. Sabato i nerazzurri sono di scena a Udine e proveranno da subito a invertire la tendenza. Perdere fa parte del gioco, ma la reazione - quella dei campioni d’Italia per distacco - deve essere immediata.

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