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Jannik Sinner, "ma ha vinto?": indiscrezioni, la domanda dopo il malore che commuove l'Italia

2 ore fa 1
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Tra la Rod Laver e la John Caine Arena ci sono poche decine di metri, ma non filtra nulla. Nessun rumore, nessun applauso, nessun borbottio. Niente di niente. Sono due conchiglie che trattengono il suono e le emozioni, così ognuno dei nostri eroi aveva il suo pubblico: Jannik Sinner di là, Lorenzo Sonego di qua. Fratelli d'Italia divisi dalle arene australiane che si ritrovano a vincere in contemporanea le rispettive battaglie e a chiedere poi ai giornalisti come è andata all'altro: “Sonny ha vinto?”, sì, “Jannik ha vinto?”, ancora sì.

Fino a due settimane fa, a dividerli sembravano esserci anche diverse categorie di tennis. Invece, guarda un po' che razza di sport del diavolo è mai questo: il tabellone senza Medvedev e senza Fritz si spalanca e magari, chissà, ci si ritroverà in semifinale a condividere l'arena e non solo l'orario di gioco. Se è vero che ogni Batman ha il suo Robin, allora è vero che ogni Sinner ha il suo Sonego, un amico vero con cui condividere il campo in Davis (non l'ultima ma la prima, quando Berrettini non c'era) e la camera d'albergo in cui scambiarsi qualche consiglio sulla carriera, tra una partita di burraco e l'altra. Per una sfida tutta azzurra che sarebbe «una cosa meravigliosa per l'Italia» ma, a dir la verità, prima di tutto per loro, dovranno passare sulle speranze d'Australia e d'America.

A Jannik toccherà infatti De Minaur, che si è detto contento di sfidarlo per l'ennesima volta ma dai, caro Alex, non ti si può davvero credere (9-0 i precedenti, con l'australiano che ha vinto un solo set nel lontano 2020 a Sofia. A Lorenzo (verosimilmente attorno alle 4 di domani mattina) spetta Ben Shelton che ha approfittato del ritiro dopo tre set e spiccioli dell'infinito Monfils: 1-1 i precedenti ma ai cinque set, Roland Garros 2023, vinse il torinese. Paradossalmente ha sofferto più Sinner di Sonego agli ottavi di finale. Certo, Rune era un avversario più ostico del giovane prodigio Tien, ma non erano loro la variabile principale.

 

GIORNATA STORTA
Per Jannik è stata la giornata storta: non si sentiva bene già alla mattina appena sveglio (e stavolta, a differenza di Wimbledon, «ho dormito, se non mettevo la sveglia ero ancora nel letto») ed è arrivato a Melbourne Park all'ultimo momento, preferendo incontrare il medico piuttosto che fare tutto il riscaldamento. «Prima di iniziare il dottore mi ha tranquillizzato. Poi durante il match ho di nuovo avuto problemi, mi girava la testa. Aver già vissuto una situazione del genere mi ha aiutato mentalmente e anche lo stop di 20 minuti per la rottura della rete è stato un colpo di fortuna». Santo Servizio che ha sganciato la rete e ci sono voluti tutti quei minuti per aggiustarla e Santo Cahill che, nel corridoio che porta agli spogliatoi, ha rincuorato il figliol prodigio. Chissà se sarebbe finita lo stesso 6-3 3-6 6-3 6-2 senza quell'ulteriore time-out.

Sonego, invece, ha dovuto fare i conti con il suo strano ruolo di favorito, di vecchio saggio e di giustiziere dei ragazzi prodigio. Tutte parti scomode nella commedia di uno Slam, su un palcoscenico mai frequentato prima.

Spietato, Sonny, ha regolato in quattro set (6-3 6-2 3-6 6-1) il piccolo fenomeno americano Learner Tien, 19 anni, come aveva fatto con Fonseca. I due finalisti delle ultime Next Gen rimandati al prossimo anno da Lorenzo, il 29enne che non si scusa del ritardo perché di tempo da perdere non ne ha più.

 

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