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M5s, fanno i manettari contro il governo ma scordano le indagini a casa loro

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Brunella Bolloli 22 gennaio 2025

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Il Movimento Cinquestelle ha presentato sia alla Camera che al Senato una nuova mozione di sfiducia nei confronti del ministro del Turismo, Daniela Santanchè, rinviata a giudizio per falso in bilancio nell’ambito di un filone d’indagine sul caso Visibilia. «Metteremo il governo con le spalle al muro», ha avvertito Giuseppe Conte.

La vera notizia, però, non è tanto la richiesta di dimissioni del ministro di Fdi che sarà a processo dal 20 marzo, bensì il ritorno del giustizialismo grillino, la doppia faccia dell’ex premier e dei suoi: “manettari” contro il centrodestra, garantisti quando tocca a uno di loro. Tu chiamale, se vuoi, contraddizioni.

Ieri l’ex sindaca di Torino Chiara Appendino, oggi deputata M5S, è stata condannata a un anno, cinque mesi e 23 giorni di carcere per i fatti di piazza San Carlo del 2017 in cui morirono due donne. La Corte d’Assise d’Appello del capoluogo piemontese ha ricalcolato la pena da infliggere alla grillina dopo che la Cassazione a luglio aveva annullato la condanna a 18 mesi perché troppo alta. Dai giudici stavolta è arrivato uno sconto di pena di 7 giorni, deludendo le richieste della difesa. Conte e soci non hanno fiatato, ci ha pensato invece l’ex alleato di governo Matteo Salvini a ricordare con un messaggio di solidarietà alla Appendino che «non sempre la giustizia è giusta nei confronti dei sindaci». Tradotto: nessuno sciacallaggio. Il centrodestra non infierisce contro gli avversari sottoposti a indagine perché si è innocenti fino al terzo grado di giudizio e chi è garantista lo è sempre, non soltanto per la propria parte politica.

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Una visione che non appartiene al grillismo, specie quello delle origini nato con la missione di combattere la corruzione, il malaffare della politica, le clientele. Con il passare del tempo, poi, quando le inchieste hanno cominciato a riguardare il fondatore Grillo o chi gli stava accanto, il furore ideologico dei cantori dell’o-ne-stà si è un po’ affievolito, ma adesso che nel Movimento comanda l’ex premier è stato rispolverato l’antico moralismo, l’appello alle dimissioni subito, a volte perfino la gogna.

Peccato che tale atteggiamento segni il trionfo dell’incoerenza pentastellata se pensiamo ai guai di Alessandra Todde. La governatrice della Sardegna, fedelissima contiana, è a rischio decadenza dalla carica di consigliere regionale per una vicenda di rendicontazione delle spese sostenute durante la campagna elettorale del 2024, lo dice un’ordinanza del Collegio regionale di garanzia elettorale, che è una struttura istituita presso la Corte d’Appello che effettua i controlli sulle spese dei candidati. E Conte in questo caso non solo difende la sua pupilla, ma le consiglia pure la strategia: «Citi per danni i firmatari che a maggioranza hanno concluso per la sua decadenza, che non ha riscontro in nessuna previsione di legge», ha tuonato l’ex avvocato del popolo, «l’ordinanza del collegio di Cagliari sulla decadenza di Todde è illegittima e infondata».

L’inversione a U del capo M5S si spiega forse con il fatto che il momento è cruciale: deve capire in quale direzione schierare la truppa. A breve ci saranno scadenze elettorali importanti in regioni chiave per i fan del reddito di cittadinanza, si dovrà discutere delle regole del doppio mandato e dei nuovi incarichi dirigenziali di un Movimento ormai sempre più partito. Cosa faranno i grillini? Conte sta provando a inventarsi qualcosa per arginare il calo dei consensi e per rispondere alle manovre di palazzo di una parte del Pd impegnata a costruire un’area centrista nella quale i Cinquestelle sono un corpo estraneo. Però la mozione di sfiducia alla Santanchè può essere l’occasione per ricompattare il fu campo largo: Avs (che ha fatto eleggere la Salis in Europa) ci sta. Iv no, il Pd ci pensa. Santanchè resiste.

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