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Mio fratello Jimi Hendrix

6 mesi fa 7
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In casa Hendrix a Seattle, in assenza dei genitori che si arrangiavano come potevano per sbarcare il lunario, era Jimi a occuparsi del fratellino più piccolo, Leon, di cinque anni più giovane di lui. «Io e mio fratello arrotondavamo con lavoretti – ricorda Leon Hendrix, 76 anni, stasera in concerto al Peocio di Trofarello, nel Torinese, per un omaggio al fratello, uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi -. I nostri genitori li vedevamo poco perché erano sempre fuori casa, così era lui a fare tutto per me». Quando arrivarono il successo, Woodstock, l’inno americano stravolto alla chitarra e soprattutto la serie di pezzi incredibili che Jimi fu capace di inventare e suonare coi suoi Experience, la vita del musicista cambiò, ma i soldi non arrivarono: «In realtà si prendeva tutto qualcun altro – spiega Leon -. Una volta andai in tour con lui e il suo road manager non gli dava più di 50 dollari, per uscire la sera ». L’autore di Foxy Lady gli fece da padre e da modello di vita, così anche Leon entrò nell’esercito Usa da volontario come aveva già fatto il fratello maggiore, ma Jimi di sicuro non lo ispirò nel prendere uno strumento in mano, cosa che avrebbe fatto solo a 50 anni suonati: «Quando chiesi a mio padre se potevo avere una chitarra mi chiese se ero pazzo e per un bel po’ non se ne è più parlato». Un artista in casa bastava e avanzava.

Cosa suonerete stasera?
«Faremo cose di Jimi e Bob Dylan, che mio fratello amava molto. Un omaggio che sento molto, perché io e mio fratello siamo stati sempre molto legati: quando ero piccolo ha surrogato la figura di mio padre ».

Com’era il rapporto con lui?
«Eravamo insieme tutto il tempo a Seattle, in un quartiere di neri ed ebrei dove ci trovavamo molto bene col vicinato, che si prendeva cura di noi. Con me era protettivo, era l’unica figura più grande che conoscevo e frequentavo ».

Suo fratello ebbe problemi per l’inno americano distorto alla chitarra e per il contenuto delle sue canzoni.
«Alle autorità non piaceva, c’era la contestazione e la protesta contro la guerra allora, ma mio fratello era solo un artista i cui testi erano sulla pace e l’amore, per fermare tutte le guerre degli Anni 60. I suoi concerti erano pieni di hippy».

Sul piano personale com’era? Una persona pacifica come i suoi testi?
«Era un artista come Michelangelo e quel che ha fatto in vita sua è creare. Poi certo, quando era sul palco faceva delle pazzie, ma lontano dalla scena era un tipo tranquillo, molto cool».

C’è un episodio che vi leghi in modo particolare?
«La cosa più toccante avvenne quando andammo a trovare nostra madre in ospedale, dove era ricoverata: era seduta su una sedia a rotelle spinta da un’infermiera, ci fece delle raccomandazioni, di essere buoni, di comportarci bene, di amarci l’un l’altro. Morì il giorno dopo. Jimi ha scritto Castles made of sand ispirandosi a questa storia, una canzone su di noi. La suoneremo di sicuro a Torino».

Quando Jimi venne in Italia, frequentò l’Equipe 84 nella casa di via Bodoni a Milano e fece tappa a Roma: cosa le raccontava dell’Italia?
«Aveva comprato una villa vicino al Vaticano. Aveva anche una piccola auto che usava per girare. Mi raccontava sempre delle storie sull’Italia, ma all’epoca ero un teen-ager e non ricordo nulla… Non faceva che suonare e suonare, tutto il tempo, anche al telefono, quando mi chiamò a Seattle dall’Inghilterra ai tempi di Foxy Lady e me la fece sentire la prima volta al telefono».

Ricorda i suoi concerti?
«Una volta che andò in tour mi chiamò con sé ma io ero a militare e non potevo. La seconda volta partii con lui, ma non era una vita da star con tanti soldi e tutto il resto: era il road manager a girare con migliaia di dollari addosso, frutto degli incassi e delle vendite».

Quando vivevate a Seattle la vita era dura?
«Cercavamo di cavarcela, come quando andavamo a raccogliere fragole nelle fattorie per avere un po’ di denaro extra e comprarci un hamburger. Una volta andammo al fiume, lui mi disse: “salta e nuota”; sono saltato ma ho cominciato ad andare giù, allora lui si è buttato in acqua ed è venuto a prendermi in fondo al fiume. Mi ha salvato la vita. Avevo 8 anni, Jimi 14».

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