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Lo ricordano seduto sugli spalti del Brianteo assieme alla sua Marta Fascina. O negli spogliatoi a incitare i giocatori. Fin troppo famosa quella volta in cui si lasciò andare a una seduta motivazionale un tantino sopra le righe: «Se vincete contro la Juve vi porto un pullman di troie».
Perché per il Berlusca, il Monza calcio era quella roba lì: questione di anema e core. Dodici chilometri appena dalla residenza di Arcore che percorreva ogni volta che poteva da quando nel lontano 28 settembre 2018 – guarda caso un giorno prima del suo compleanno – aveva deciso di acquistare la squadra e di farla volare alto. «Andremo in Serie A» diceva a Galliani. E Galliani annuiva conscio che anche quel sogno visionario si sarebbe avverato.
Avessero detto al Cavaliere che la cittadina brianzola da lui amatissima l’avrebbe tradito due anni dopo la sua morte, gli sarebbero girate le palle e avrebbe risolto con una delle sue famose barzellette. Anche una spolverata alla seggiola e un’uscita di scena teatrale gli sarebbero state congeniali. La verità è che da quando giovedì sera il consiglio comunale di Monza ha liquidato la proposta di intitolare lo stadio cittadino a Berlusconi perché è «inopportuno» (Luigi Imperatori del Pd), perché «non lo merita» (Lorenzo Gentile del Pd), perché «è stato un pregiudicato e un evasore» (medesimo Gentile), infine perché «ha imposto dinamiche mercantili nei rapporti uomo e donna» (tale Giulia Bonetti), ecco da quella sera lì le palle girano a tutti i monzesi e anche ai lombardi già costretti a subire un tira e molla sfinente del comune di Milano sull’intitolazione di Malpensa al fondatore di Mediaset.
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Tecnicamente, non si è trattato di una bocciatura. Semplicemente la consigliera del gruppo misto, Martina Sassoli, ha pensato di ritirare la proposta dopo una discussione alienante in cui se ne sarebbero sentite tante, troppe: «Sono rammaricata», ha detto la povera Sassoli che pensava soltanto di fare un regalo alla sua città, «perché gli interventi non avevano nulla a che fare con l’intitolazione. Nessuno può cancellare i successi di Berlusconi neppure l’odio». La sintesi migliore però è di Galliani: «Una cosa pazzesca, valuteremo con Fininvest la risposta».
Che si tratti di miopia, censura, bigottismo o semplice anti berlusconismo comunista e post mortem è tutto da decidere. Fatto sta che basta la B di Berlusconi a incattivire gli animi di una sinistra che non ha mai fatto pace con i suoi nemici o non trova il proprio senso se non ravana nel livore becero. Sfugge però alla platea di anime belle del Pd che Berlusconi - come già per Milano – ha fatto tanto e molto di più del dovuto perla sua Monza. A parte l’investimento di capitale iniziale – 2,9 milioni per acquistare una squadra che vivacchiava in C e portarla «con una cavalcata wagneriana» prima in B e infine in A – ha dato una motivazione a migliaia di cittadini, soprattutto i tifosi del mitico club Amici del Monza che non speravano di volare così alto in campionato e furono i primi a piangerlo dopo la sua scomparsa.
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Poi c’è tutto l’amore di un territorio per l’imprenditore che non si è mai tirato indietro e tornava sempre come un figlio devoto e generoso. La domenica in piazza Duomo per gustarsi il sole caldo e le strette di mano dei monzesi, in settimana fuori dal campo con una golf-car guidata da Galliani per incitare i ragazzini della giovanile: «Chi ci crede combatte, chi ci crede supera tutti gli ostacoli, chi ci crede vince!». Dicono che si fidasse solo di un barbiere monzese, che prima di Berlusca aveva pettinato il Mike nazionale (Bongiorno). E si facesse arrivare dal quartiere San Biagio le famose alette di pollo per mangiare sano e leggero. Insomma, una vicinanza e un legame reciproco e indissolubile. Dedicargli lo stadio? Sarebbe il minimo e il dovuto. Ma ci vorrebbero saggezza e buonsenso. E alla sinistra difettano assai.