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Norvegia, la base di Olavsvern per i sottomarini: tunnel e posizione strategica, ecco perché gli Usa vogliono riattivarla per la «guerra all'Artico»

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Donald Trump ha messo nel mirino la Groenlandia al punto da non escludere al cento per cento l’opzione militare. Intenzioni che non hanno sollevato un inevitabile polverone diplomatico, con la Danimarca che ha teso comunque la mano a The Donald mentre il governo groenlandese ha ribadito di non essere in vendita e di volere l’indipendenza. Tuttavia, almeno un dato è certo. Al netto delle dichiarazioni di fuoco (e sorprendenti) di Trump sull’isola che è ancora della corona danese, l’Artico è al centro dell’agenda strategica americana. E la Marina degli Stati Uniti guarda con molta attenzione non solo alle ricchezze della regione, ma anche alla sua importanza strategica. Le navi Usa solcano le acque polari insieme a quelle delle potenze Nato e della Russia. La Cina ha aumentato l’importanza di quelle vie di navigazione anche in prospettiva di un loro sfruttamento commerciale. E Washington, per evitare di cedere terreno rispetto a questa corsa delle superpotenze, ha iniziato a riflettere anche alla rete di basi che può utilizzare come punti di appoggio.

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La base di Olavsvern

Una, in particolare, ha attirato l’attenzione del Pentagono già da diversi anni. Una vecchia base della Guerra Fredda scavata nella roccia, all’interno di uno dei fiordi che costellano la costa del Paese, e che dal 2009 è in disuso. Si tratta di Olavsvern, un centro che nel 2020 sembrava sul punto di tornare operativo, pronto per essere usato dai sottomarini della flotta statunitense, ma che poi non è mai stato rimesso in funzione. Tra Oslo e Washington non si è mai trovato l’accordo per riattivare la base. Ma, come ha spiegato il portale The War Zone, alcune fonti della Difesa Usa hanno detto che se anche tali piani non si sono mai concretizzati, l’interesse degli Stati Uniti non è mai scemato. E l’intenzione degli strateghi americani è quella di tornare alla carica. Del resto, la struttura è perfetta per gli obiettivi degli Stati Uniti e della Nato, tanto più in questa fase storica in cui l’artico appare prepotentemente rientrare nella partita delle grandi potenze. Scavata all’interno di una montagna, proiettata nel Mare di Barents e protetta da più di duecento metri di solida roccia, la base di Olavsvern al momento non ha eguali per la Marina americani. Nelle viscere della terra, la base si snoda per migliaia di metri quadrati, con tunnel di ingresso blindati e a prova di missile. Costruire ex novo un avamposto simile costerebbe troppo. E anche se gli esperti hanno messo in guardia da alcune problematiche non secondarie (una su tutte, gli attuali sottomarini americani non riuscirebbero ad accedere nei tunnel rimanendo così nei moli esterni), la base potrebbe essere ristrutturata, in parte ampliata e comunque sarebbe in una posizione strategica invidiabile. E visto l’interesse della nuova amministrazione repubblicana per la Groenlandia, non è da escludere che il Pentagono possa rimettere mano al dossier anche investendo quanto serve per rendere Olavsvern una delle “ancore” di Washington nei mari artici.

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La base di Musko

Per i militari statunitensi, trovare basi di questo tipo non è semplice. Gli avamposti scavati nella roccia sono in larga parte eredità del passato della Guerra Fredda. Poche sono le forze atlantiche in grado di fornire hub di questo tipo. Il più importante centro di questo tipo è senza dubbio quello di Musko, in Svezia, costruito negli stessi anni in cui veniva realizzata la base norvegese di Olavsvern. Completata nel 1969, la base della Marina svedese si trova ad alcune decine di chilometri da Stoccolma e, come spiega il Guardian, è grande più o meno come il centro storico della capitale. Vanta enormi bacini sotterranei in grado di ospitare navi da guerra, insieme a una rete di tunnel ampia chilometri e in grado di nascondere al suo interno centri di comando, uffici e addirittura un ospedale. La Marina del Paese scandinavo ha spostato lì il proprio comando già da qualche anno, complice l’aumento delle tensioni con la Russia (anche prima dell’invasione dell’Ucraina). E per Stoccolma, è fondamentale avere una base che è difficile da colpire, restando operativa anche in piena guerra.

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La strategia di Pechino

La stessa idea è quella che da molti anni ha messo in pratica la Cina, che ha costruito una costellazione di basi sotterranee per la propria flotta. La più importante è quella in grado di ospitare sottomarini nucleari, la base navale di Yulin sull'isola di Hainan nel Mar Cinese Meridionale. Il porto è uno dei centri nevralgici della rete costiera cinese, tanto che gli Stati Uniti da anni sorvegliano quel tratto di mare cercando di scrutare ogni minimo dettaglio che possa svelare qualcosa di più della flotta di Pechino. E tra satelliti e aerei da ricognizione, Washington è riuscita a ottenere quantomeno la prova che il tunnel scavato sulla costa di Yulin è proprio una galleria usata dai sottomarini della Repubblica popolare. Ma questa base navale non è l’unica ad avere una conformazione così particolare. La Marina cinese ne possiede un’altra sempre con una galleria che dà direttamente sul mare, la base di Jianggezhuang, vicino a Qingdao. E secondo l’esperto H. I. Sutton, dei tunnel sono stati avvistati anche nella base di Xiachuan Dao e in quella per i sottomarini di Xiangshan. Una strana galleria è stata osservata anche su un'isola a sud di Shipuzhen, così come a Daishan. E tunnel ci sono anche in zone dove potrebbero essere usati per altri tipi di scopi, per esempio nascondere i missili.

I vantaggi

Nell’era attuale, con missili in grado di colpire in grande profondità, bombe antibunker e missili estremamente precisi, per molti può sembrare desueto usare questo tipo di gallerie. Tuttavia, basi costruite in questo modo hanno alcuni vantaggi. Uno è certamente quello di proteggere meglio le imbarcazioni, tanto più i sottomarini, che si nascondono sotto centinaia di metri di roccia. Un altro vantaggio è quello di permettere soprattutto ai sommergibili di mantenere ancora di più l’anonimato, nascondendosi da occhi indiscreti non solo in navigazione ma anche quando sono fermi in un porto. C’è poi un altro vantaggio: che se scavati molto in profondità, come fa l’Iran tra le montagne, queste basi diventano centri operativi in grado di resistere anche a intensi bombardamenti, permettendo così il proseguimento delle attività anche se in guerra e nel mirino dei raid nemici. Infine, il grande obiettivo di una base con i tunnel è anche quello di rimanere lontani da occhi indiscreti, specialmente dagli aerei spia e dai satelliti avversari. Elementi che sono cruciali anche oggi, in una fase così tesa delle relazioni internazionali e in cui le grandi potenze cercano di ottenere qualsiasi vantaggio. Come quello di una base dismessa nell’Artico che però può essere l’occhio più indiscreto possibile per controllare i movimenti della flotta russa.

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