Ripeteva solo due parole. Ossessivamente, quasi come una cantilena. E quelle uniche due parole le ha restituite come risposta a chi lo ha soccorso dopo che l'auto in cui si trovava, assieme ad altre persone, è uscita fuori strada dopo essere stata inseguita dalla polizia in territorio serbo.
Tre compagni di viaggio, uno dei tanti viaggi disperati sulla rotta balcanica da chi fugge anche dalla Siria ancora in guerra, sono morti. Lui, siriano, appena 15 anni, no. 'Brdan, otani', due grumi di sillabe, dette anche a chi insistentemente gli chiedeva nome e cognome. E così sulla scheda identificativa del 15enne è stato scritto: Brdan, nome, Otani, cognome.
I genitori intanto lo cercavano col suo vero nome, Hatem, e con in testa il peggiore dei presagi senza però riuscire ad avere notizie.
"Mi ha contattata una famiglia che cercava disperatamente il figlio, un ragazzino di 15 anni che era partito da Deir Ezzour. Secondo il racconto di un sopravvissuto, si trovava a bordo di una macchina deragliata in seguito a un inseguimento della polizia, dentro la quale sono morte altre tre persone. L'ho cercato per tanti giorni e sembrava scomparso inghiottito dalla Serbia", racconta l'attivista marocchina Nawal Soufi che è riuscita a rintracciare il ragazzo e a dargli un nome e un cognome. Generalità che, invece, chi lo aveva soccorso aveva legato a quelle due, ossessive ma precise parole ripetute in arabo, la sua lingua: Brdan, 'ho freddo', otani, 'copritemi'.
Perchè sulla scheda identificativa delle autorità serbe il 15enne siriano era stato registrato proprio così: nome, 'ho freddo', cognome, 'copritemi'.
Nawal Soufi, attivista per i diritti umani italo-marocchina che si occupa di soccorsi in mare ma anche di chi arriva dalla rotta balcanica ed è stata volontaria in Grecia, è riuscita pervicacemente a mettersi sulle tracce del ragazzino e davanti a quella scheda ha capito perché la famiglia, anche attraverso le autorità, non riusciva ad avere notizie. "Solo allora ho capito perché non lo trovavo nei giorni successivi all'incidente. Lo hanno registrato con le uniche parole che continuava a ripetere", aggiunge Nawal.
Due parole, seppur storpiate dalla translitterazione, che appena hanno incontrato lo sguardo di chi conosce l'arabo sono apparse assurde per essere i dati anagrafici del ragazzo. Ma che raccontano meglio di ogni cosa la storia di chi, per sfuggire a guerre, violenza e miseria, affronta viaggi a volte senza speranza, al gelo, senza vestiti e aiuti. 'Ho freddo, copritemi', il nome di ogni profugo.
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