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Putin, la mappa degli alleati: a maggio in Cina da Xi, l'India e il Venezuela si congratulano. Lo zar è tutt'altro che isolato

7 mesi fa 33
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La Pechino di Xi Jinping esalta la vittoria di Putin con un articolo sul quotidiano del Partito comunista cinese, Global Times. Il leader indiano, Narendra Modi, si congratula con lo Zar. Il venezuelano Maduro, in odio agli americani, lo saluta come «il nostro fratello maggiore». Le giunte militari sub-sahariane di Mali, Burkina Faso e Niger, avvolte nelle spire mercenarie di Wagner per conto di Mosca, si genuflettono allo Zar. Ma anche Paesi che hanno ottimi rapporti con l’Occidente - Arabia Saudita ed Egitto - preferiscono ribadire la tradizionale amicizia che avevano con l’ex Urss. Né poteva mancare un dispaccio che da Gaza di Hamas, che rimarca la sintonia anti-israeliana maturata dalla Russia di Putin con gli sviluppi della crisi mediorientale.

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Le reazioni 

La si potrebbe chiamare una diplomazia dei telegrammi di congratulazioni, che però ormai sono sostituiti da post su X. La Russia, che ha invaso l’Ucraina e ha rieletto a furor di popolo il leader incriminato al Tribunale dell’Aia per deportazione di bambini dalle regioni occupate, è tutt’altro che isolata. Certo, gli Stati Uniti ribadiscono che le elezioni con le urne trasparenti sono state tutt’altro che libere. E l’Alto rappresentare della UE, Josip Borrell, rilancia l’idea di impiegare gli asset russi in Europa per finanziare le armi a Kiev. I servizi segreti di Mosca fanno sapere che la Francia si starebbe preparando a inviare 2mila soldati in Ucraina, sfruttando le recenti uscite di Macron, ma Parigi smentisce e parla di fake diffuse ad arte nella guerra ibrida di propaganda, in cui i russi sono maestri. E nel fronte occidentale spicca il Giappone per dire molto semplicemente che non commenta le elezioni di un altro Paese. Sulle mappe geopolitiche, la direzione degli scambi commerciali e delle visite di Stato russe si è riorientata da ovest, dall’Europa, a est verso la Cina e la Corea del Nord, a sud verso l’Africa, il Medio Oriente e l’India. Al punto che il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, alla domanda dei giornalisti se lo Zar si stia preparando a fare la sua prima missione dopo il voto in Cina a maggio, spavaldamente risponde di fatto confermando e anzi aggiungendo che «preparativi sono in corso per diverse visite del Presidente. Ci saranno incontri di alto livello». Sembra lontano il tempo in cui Putin aveva dovuto rinunciare a un vertice in Sud Africa perché Pretoria aderisce al Trattato del Tribunale penale internazionale e avrebbe dovuto arrestarlo. «L’esito delle elezioni ha conferito certezza al futuro sviluppo delle relazioni Cina-Russia», commenta il cinese Global Times. Il consenso a Putin è parallelo a quello per Xi, viaggiano insieme sui binari dell’alleanza “senza limiti” che i due leader avevano sottoscritto prima dell’invasione dell’Ucraina. 

Ma l’investitura riconosciuta da Xi a Putin dopo l’apertura delle urne («Il risultato riflette pienamente il sostegno del popolo russo», aveva dichiarato il leader cinese) si riflette pure nel cauto riallineamento dell’India, sulla quale a lungo l’Occidente aveva puntato per spezzare i legami asiatici di Mosca, a parte lo scontato appoggio della Corea del Nord di Kim Jong-un e del Vietnam comunista. «Felicitazioni per la fiducia», esprime il generale Al Sisi a Putin, per la rinnovata fiducia tributatagli dal suo popolo. E qui siamo nel campo delle antiche relazioni tra Russia e Egitto. 

Il vicinato

Prevedibile la telefonata che Putin ha avuto col presidente iraniano Raisi, alleato in Siria e fornitore di micidiali droni per la guerra in Ucraina. Fa pensare, invece, che Aleksandar Vucic, presidente della Serbia che ambisce a entrare in UE, abbia ricevuto ieri l’ambasciatore russo congratulandosi per la vittoria di Putin e consegnandogli una lettera per lo Zar in cui gli raccomanda la protezione del popolo serbo (cristiano-ortodosso come quello russo) e la sovranità della Serbia anche sul Kosovo.

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