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Ramy, scontri e violenze nei cortei, allarme del Viminale: «C?è chi cerca l?incidente». Spinta al ddl Sicurezza

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Bombe carta e fumogeni, vetrine distrutte, caserme prese d’assalto, lancio di pietre, auto incendiate. Le tensioni durante i cortei organizzati per chiedere giustizia per Ramy Elgaml, il diciannovenne morto lo scorso 24 novembre in scooter durante un inseguimento con i carabinieri a Milano, preoccupano Viminale e forze dell’ordine, perché fanno emergere il rischio, concreto, di saldature tra antagonisti e anarchici, nell’obiettivo comune di creare tensione e caos sfruttando i fatti che più colpiscono l’opinione pubblica e hanno rilievo mediatico. Nel mirino ci sono sempre più le forze di Polizia: dai dati del ministero dell’Interno emerge che nel 2024 gli agenti feriti durante scontri di piazza e manifestazioni sono stati 273, con un +127,5% rispetto al 2023, quando erano stati 120. Proprio per questo il ministro Matteo Piantedosi, che esprime vicinanza alle forze dell’ordine, coinvolte in situazioni critiche e non sempre facilmente gestibili, ha grandi aspettative per l’approvazione del ddl Sicurezza.

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La convinzione del Viminale è che, spesso, dietro il pretesto di rivendicazioni legate ai fatti di cronaca ci sia una precisa strategia di ricerca dell’incidente per creare elementi di destabilizzazione del quadro politico. A lanciare l’allarme è anche la Digos di Torino, che fa il bilancio degli scontri dei giorni scorsi, con i disordini che vengono inseriti da chi indaga in un disegno molto più ampio. Si tratta dell’ennesimo episodio di tensione registrato in città. Prima c’era stato il 13 dicembre e i protagonisti quel giorno erano i movimenti pro Pal, prima ancora le manifestazioni per l’ambiente. Ma si erano registrati scontri anche durante la giornata di sciopero nazionale di metà dicembre. Gli slogan che girano durante le manifestazioni sono sempre gli stessi, l’invito è quello a riprendersi le città e il Paese. Il sospetto è che ci sia un’unica regia che, almeno a Torino, parte dal centro sociale più famoso, l’Askatasuna, e che l’obiettivo sia sfruttare tematiche diverse per fomentare tensioni di piazza e scontri.

LA MAPPA

Ad accomunare antagonisti e anarchici, tra gli altri, c’è il tema della lotta alla repressione e alle carceri, ma c’è anche l’ambientalismo radicale, con l’opposizione ad opere pubbliche come Tav e Muos in Sicilia. La galassia anarchica italiana è in continua evoluzione, con oltre 200 centri sociali insediati in palazzi occupati, dal Leoncavallo a Milano, nato nel ‘75, al Forte Prenestino a Roma, El Paso e Askatasuna a Torino, il Pedro a Padova, Labas a Bologna e molti altri. La battaglia è per l’autonomia e l’iniziativa politica su temi caldi, dalla guerra in Medio Oriente all’emergenza abitativa.

Il tema della possibile saldatura con la galassia antagonista e dell’attivismo anarco-insurrezionalista viene affrontato anche nelle relazioni annuali dell’Intelligence. Si parla di una «metodologia operativa dispiegata su un piano sia “pubblico” che “clandestino”, con un ampio ventaglio di interventi, da cortei e presidi, in alcuni casi pure al fianco di altre realtà antagoniste per innalzarne il livello di radicalità, agli atti di vandalismo e danneggiamenti, fino ad azioni, potenzialmente più pericolose, poste in essere con manufatti incendiari ed esplosivi». L’allarme era stato lanciato anche nel 2023, con la mobilitazione a sostegno del leader della Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale, Alfredo Cospito, detenuto in regime di carcere duro e che per mesi ha fatto lo sciopero della fame. La risposta erano state manifestazioni, spesso violente. Gli 007 hanno parlato di «propaganda istigatoria» che ha colpito «diversificati obiettivi, riferibili ai molteplici fronti di attivazione tipici dell’area»: dall’opposizione al progresso tecnologico, alla lotta alla «repressione», ai «poteri economico-finanziari», alle «devastazioni ambientali» e all’«industria della guerra». In genere le azioni eversive si svolgono soprattutto nel Centro-Nord del Paese, dove la militanza anarchica è più radicata, e vengono rivendicate con documenti e volantini firmati da sigle, oppure pubblicati su siti e blog.

LA GUERRA

Anche la guerra in Medio Oriente è diventata un pretesto per azioni di protesta: «in chiave prettamente anti-imperialista e anticolonialista» - si legge nella relazione annuale del Dis -, la propaganda è stata orientata verso gli istituti bancari italiani, con presunti interessi nei «territori occupati», ma anche nei confronti di aziende, pubbliche e private, del comparto della difesa. Le «chiamate alla lotta» vengono diffuse online a livello anche internazionale, in diverse lingue. Le azioni sovversive, e le metodologie di attacco, hanno sempre le stesse caratteristiche, ma la guerra in Ucraina e la crisi in Medio Oriente hanno dato il via anche a iniziative anti-militariste, anti-imperialiste e di opposizione alla Nato. In alcuni casi lo storico sostegno alla «resistenza palestinese» ha lasciato spazio a interventi più radicali che sono arrivati a giustificare l’attacco armato di Hamas contro il «colonialismo sionista». L’antimilitarismo e le manifestazioni per la pace sono spesso stati usati come perno per fomentare le piazze. E allora, per esempio, accanto ai cortei pacifici si è assistito a iniziative di propaganda in chiave antisionista. È successo anche nei giorni scorsi a Bologna, quando durante la manifestazione per Ramy è stata vandalizzata la Sinagoga. Tra gli altri temi caldi per anarchici e antagonisti ci sono il mondo del lavoro, lo scontro di classe, l’emergenza abitativa. E ancora: il carovita, l’immigrazione, l’emergenza occupazionale, l’ambientalismo militante, con la campagna No Tav e le sue mobilitazioni contraddistinte da scontri con le Forze dell’ordine, assalti ai cantieri, lanci di sassi e bombe carta.

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