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Le rudimentali tattiche di difesa dai droni, illustrate in un veloce briefing di preparazione alla battaglia, non sono state sufficienti a salvargli la vita. L’anonimo soldato nord-coreano ucciso il 21 dicembre da un quadricottero ucraino nel Kursk, la regione russa invasa dalle forze di Kiev, ha lasciato un diario reso pubblico dal Gru, servizio segreto militare ucraino. Accanto a dichiarazioni di lealtà fino alla morte al leader supremo Kim Jong-un, ci sono disegnini che mostrano attraverso diagrammi a bastoncino tratteggiati con inchiostro blu la stravagante formazione che dovrebbe opporsi ai voli dei calabroni killer Mavic. Tattiche definite «raccapriccianti» dagli analisti occidentali. Si vedono le silhouette di tre soldati: «Siamo esche umane». E uno infatti dovrebbe restare fermo per attirare il drone, mentre una coppia di compagni vicini a lui si prepara ad abbatterlo. La preda deve mantenere una distanza di 7 metri, i commilitoni devono invece cominciare a sparare da 10-12 metri. Altri due nord-coreani presi prigionieri vengono ora interrogati e il leader ucraino, Zelensky, scrive su Telegram di esser pronto a consegnarli a Kim, se il gran capo di Pyongyang «riuscirà a organizzare lo scambio coi nostri soldati prigionieri in Russia».
Soldati nordcoreani cacciano i russi dalle loro case nel Kursk, cosa sta succedendo
Ai disegni nel diario corrispondono dei video che mostrano la visuale dall’alto. Il drone punta un soldato, si riesce perfino a percepirne l’espressione di terrore, l’attesa come in una paralisi da sgomento, la caduta nel tentativo di salvarsi, i proiettili sparati dai suoi compagni. «Anche a costo della vita – si legge nel diario – eseguirò gli ordini del Comandante Supremo senza esitazione. Mostrerò al mondo il coraggio e il sacrificio delle forze speciali di Kim Jong-un». Un testo con frasi tipiche nord-coreane e un fervore ideologico da lavaggio del cervello che fanno dire agli esperti interpellati dal Wall Street Journal che il diario è autentico.
«Noi come esche. Mi manca la mia Patria, dopo aver lasciato il caldo abbraccio del mio caro padre e della mia cara madre qui in terra russa. Celebro il compleanno del mio più caro compagno, Song Ji Miong». I primi 12mila soldati nord-coreani sono stati mandati allo sbaraglio dopo solo 2 mesi di addestramento e ambientazione. Usano tattiche anni ’70, si integrano male nelle catene di comando e faticano a capirsi con i russi che combattono al loro fianco. Il modo di comportarsi in battaglia li espone ad armi moderne alle quali non sono abituati. «Neanche capiscono quello che succede», dice il comandante ucraino di una unità di droni al Washington Post. «Ci hanno stupiti, non avevamo mai visto nulla di simile: 40-50 attraversano di corsa un campo aperto. È il bersaglio ideale per l’artiglieria e i nostri operatori a distanza. I russi non corrono mai in quel modo». In un post su Facebook dell’8° Reggimento di Forze speciali ucraine, si vedono soldati dai tratti coreani cercare riparo dietro gli alberi, mentre i droni dall’alto gli danno una caccia spietata. «Un caldo benvenuto in Ucraina», il commento. Non è facile verificare se si tratti realmente di nord-coreani: numerosi tra le fila russe i soldati provenienti da lontane regioni asiatiche dell’Impero. Putin e Kim Jong-un non ne hanno ammesso finora la presenza in Ucraina. I primi 12mila arrivati avrebbero in tasca falsi passaporti di Buriati, minoranza della Siberia russa. Secondo Cristina Harward, analista dell’Institute for the Study of War, i russi hanno lanciato le loro truppe d’élite negli assalti frontali di fanteria, improbabile che usino i nord-coreani in modo diverso. Con la differenza che questi ultimi non sono preparati.
IL RISARCIMENTO
Se però diventano “carne da cannone”, questo potrebbe provocare un problema politico tra Putin e Kim, e indurre il leader nord-coreano a essere più esigente nella richiesta di risarcimento in tecnologie di guerra. Missilistiche. Stando a un report del Gru, la barriera linguistica ha causato “fuoco amico”, come nel caso di 8 militari ceceni uccisi dai nord-coreani. Stando a Zelensky, già 4mila sarebbero i morti nord-coreani. Preferiscono uccidersi, oppure farsi uccidere dai compagni, piuttosto che essere catturati. Il segno che lasciano sono quei video che li inquadrano mentre avanzano a fatica, a piedi, senza il supporto dei blindati, nei campi aperti incrostati di ghiaccio e neve, o al riparo di scarni filari di alberi, pochi secondi prima di morire.