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Da una parte del giardino affacciato sul mare c’è Brie Larson, l’attrice premio Oscar che, scortata dagli addetti stampa, misura ogni parola, bellezza biondissima e algida. Dall’altra c’è lei, Rosario Dawson, un uragano di comunicativa, energia, risate, anello tra le narici e maxi-unghie scolpite. Due star, due facce opposte del divismo made in Usa sono transitate al Filming Italy Sardegna Festival che si è concluso al Forte Village di Santa Margherita di Pula (Cagliari): Rosario ha vinto 1 a zero per simpatia e generosità. Star multietnica dalle radici afro-cubane, nativo-indiane, portoricane, irlandesi, 45 anni e una carriera iniziata a 15 nel cult Kids di Larry Clark dopo l’infanzia povera vissuta nel Lower East Side di New York con una madre single che faceva l’idraulico, Rosario ha sfondato nel cinema alternando i film d’autore di Spike Lee (He got game, La 25ma ora), Quentin Tarantino (Grindhouse), Oliver Stone (Alexander), Miller & Rodriguez (Sin City), Danny Boyle (In trance), Gabriele Muccino (in Sette anime era la ragazza cardiopatica) a blockbuster come Men in black II, Unstoppable, Daredevil. E la serie Ahsoka, ispirata all’universo di Star Wars, che ha debuttato l’anno scorso su Disney+. In attesa della seconda stagione, in programma nel 2025, l’attrice racconta il suo personaggio di Ahsoka Tano, una ex Jedi che prova a mantenere la pace nella galassia ormai vulnerabile.
Quanto si sente vicina alla filosofia Jedi?
«Confesso che non sono un’esperta di Star Wars, non conosco tutto di quel mondo. Per me Ahsoka è una ronin, cioè un samurai senza padrone, e sono stata felicissima di essere nella serie perché ho potuto esaltare alcuni aspetti mio del personaggio».
Quali?
«La sua complessità, quel lato oscuro che è dentro ciascuno di noi e dobbiamo imparare ad accettare. Anche i supereroi sono cambiati, non risultano più infallibili».
A quale progetto sta lavorando?
«Produco il sedicesimo film: Midnight, con la mia amica Milla Jovovich che reciterà accanto a me. Sono entusiasta».
Con Muccino, che l’ha diretta nel 2007, è rimasta in contatto?
«Certo, ci siamo scritti proprio poco fa. Speravo che venisse a trovarmi in Sardegna, purtroppo è impegnato. Lavorare con lui è stata un’esperienza magnifica e singolare, per certi versi comica».
Cosa intende?
«All’epoca di Sette anime parlava un inglese tutt’altro che perfetto. Sul set si nascondeva dietro le piante, poi saltava fuori ed esclamava: ”Vorrei che mi guardassi come un bambino appena nato”. E io: ”Prego?”. Intendeva dire che mi voleva vulnerabile. Gabriele è uno dei miei registi preferiti. Geniale, rigoroso, mi ricorda Spike Lee».
E con Tarantino com’è andata?
«A proposito di rigore: se alle prove non sai le battute, ti sostituisce in un lampo».
Al cinema ha sempre affiancato l’impegno civile: a quali cause presta oggi la sua popolarità?
«Con la mia amica Jane Fonda combatto la violenza sulle donne, un tema che mi appassiona da sempre. Promuovo inoltre la difesa dell’ambiente, dei migranti e porto avanti l’azione di ”Voto latino”, l’organizzazione che fondai a 24 anni per spingere le minoranze ad esprimersi attraverso le urne. Oggi votare è particolarmente importante».
Perché teme che Donald Trump torni alla Casa Bianca?
«Non soltanto per quello. Il mondo è in preda alla devastazione: guerre, cambiamenti climatici, violenze, manipolazioni. E troppi giovani non vanno a votare. Bisogna convincerli invece ad esprimersi, ricordandogli le lotte che ci hanno visti impegnati in passato. Noi siamo il popolo: lavoriamo, paghiamo le tasse e anche se siamo delusi dalla politica dobbiamo far sentire la nostra voce».
Cosa si aspetta dal futuro?
«Vorrei lasciare alle generazioni future un mondo migliore. Ci tengo. Soprattutto perché l’anno scorso sono diventata nonna di una bambina (è figlia della figlia adottiva Isabella, ndr). La adoro, merita di vivere felice».