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Sanremo rinuncia definitivamente alla propaganda? | Con Alberto Contri

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Al via il Festival di Sanremo 2025. Dopo la prima serata si tirano le somme della nuova kermesse di Carlo Conti che si è guadagnata il 65,3% di share, 0,2 punti percentuali in più dello scorso anno. Alberto Contri ha commentato ai microfoni di Un Giorno Speciale la prima frazione di gara, quella che ha visto susseguirsi le esibizioni di tutti gli artisti. Tanta musica, seppur modesta, poche polemiche e sermoni sui temi d’attualità, la propaganda sta abbandonando il Festival?

Carlo Conti si veste da bravo conduttore

Carlo Conti ha interpretato il ruolo del bravo presentatore e ha ricondotto il festival a quello che dovrebbe essere. Oggettivamente è un bravo presentatore, nel senso che è uno che rispetta i tempi, è sempre molto garbato. È una persona, ripeto, che incarna quello che serve per fare, per stare sulla rete 1, che Rai 1 è la rete sostanzialmente dei pensionati e dei casalinghi in maggioranza, diciamoci la verità. E quindi anche proprio in termini di auditel deve essere la persona che non ti mette in difficoltà, che potrebbe essere il tuo vicino di casa, tu vai a chiedere dello zucchero perché l’hai finito, eccetera eccetera“.

Prima Imagine di John Lennon e poi il Papa?

C’è stato un evento che invece ha mostrato una gaff, diciamo, di carattere culturale, se vogliamo usare una parolona, nel senso che hanno fatto, devo dire, come ospitata una performance veramente notevole di Noa con questa cantante, Noa che è israeliana e una cantante palestinese di cui francamente non mi ricordo il nome, che hanno cantato Imagine di John Lennon. Tra l’altro facendo capire cos’è una vera canzone rispetto a quelle che abbiamo ascoltato, dimenticando però che il testo della canzone di Imagine è un distillato di relativismo etico, perché dice: “Aneliamo a un mondo dove non c’è inferno, non c’è paradiso, soprattutto non c’è più religione”. Poi però, da bravi secondi, dopo Che Tempo Che Fa, hanno fatto intervenire Papa Francesco con un video registrato in cui, dando del tu a Carlo Conti, spiegava come la musica sia magnifica per abolire le guerre“.

La musica? Poca qualità e tanto conformismo

Devo dire che, complessivamente, la musica che “passa il convento” mi è sembrata piuttosto modesta. Qualsiasi fosse il genere – lirico, pop, rock o rap – si trattava sempre di stilemi già visti, prodotti da un’industria discografica che punta esclusivamente a ciò che funziona, a ciò che piace. Si sono riproposti i soliti schemi: inizi sussurrati, un inciso in crescendo con un tappeto di violini e un po’ di batteria. Nel rap, ovviamente, non è mancato l’autotune, accompagnato da scelte di abbigliamento stravaganti. Francamente, mi sono permesso di scrivere che il walk, tanto amato in America, da loro è già morto, mentre da noi ci metterà ancora un po’ ad esaurirsi. Perché, voglio dire, andare a torso nudo al Festival di Sanremo, tatuati o con mise incredibili, è davvero qualcosa di provinciale“.

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