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È il primo caso in Italia, con conseguenti polemiche. Il 10 aprile, giorno della festa di fine Ramadan, i 1.300 studenti della scuola pubblica Iqbal Masih, intitolata al dodicenne pakistano simbolo della lotta contro la schiavitù minorile, resteranno a casa. Una decisione votata all’unanimità lo scorso maggio dal consiglio d’istituto composto da docenti, genitori degli alunni e personale amministrativo anche in considerazione del fatto che il 40% degli allievi è di religione musulmana e quando si conclude il mese di digiuno il tasso di assenze è elevato.
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CONTROLLI
Scelta pratica e «inclusiva», afferma il preside Alessandro Fanfoni. Un’iniziativa «inaccettabile», ribatte il segretario della Lega Matteo Salvini. E il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara chiede agli uffici competenti del dicastero «di verificare le motivazioni di carattere didattico che hanno portato a deliberare la deroga al calendario scolastico regionale e la loro compatibilità con l’ordinamento». Accade a Pioltello, Comune a 15 chilometri dal Duomo di Milano dove i cittadini stranieri residenti sono il 24,6% della popolazione e rappresentano 98 nazionalità diverse, con una maggioranza (il 15,4%) proveniente dall’Egitto. La Iqbal Masih è uno spicchio di questo mondo e dopo anni di lavoro a settembre nelle nuove classi prime delle elementari è stato garantito un equilibrio tra gli alunni di origine italiana e i bambini stranieri, anche appena arrivati. Come in tutti gli istituti il calendario viene stabilito dalla Regione, tuttavia ogni scuola può gestire in autonomia un piccolo pacchetto di vacanze purché venga rispettato il tetto delle 200 giornate di lezione all’anno. La preferenza è andata al ponte tra il 25 aprile e il primo maggio, più un altro giorno da fissare.
Poiché la data di Eid-El-Fitr, la celebrazione per la conclusione del digiuno, varia in base al calendario lunare musulmano, il programma indicava dapprima lunedì 8 aprile, poi spostato a mercoledì 10 aprile. Il dirigente Fanfoni motiva così la delibera, sostenuta a livello interno ma con dibattito pubblico divisivo. «A Pioltello abbiamo classi dove negli anni scorsi in occasione della fine del Ramadan, di fatto, venivano a scuola in tre o quattro. I bambini di fede islamica sono la maggioranza e nonostante le linee guida sull’inclusione consiglino di formare classi con non più del 30% di stranieri, noi arriviamo al 43% perché questa è la nostra utenza. Non possiamo chiudere gli occhi davanti a questi numeri e alla realtà. La festa è per molti di loro una tradizione, tra l’altro spesso condivisa anche dai compagni di classe italiani che partecipano». E aggiunge in chiave pacificatoria: «Spero che a nessuno venga in mente di politicizzare questa decisione presa dal consiglio d’istituto, anticipando di un giorno l’inizio delle lezioni, per garantire a tutti gli stessi diritti».
«IDENTITÀ A RISCHIO»
Non è andata così. Sulla pagina web di Pioltello è battaglia accesa tra chi loda il progetto, condividendo «il riconoscimento delle diversità come forma di ricchezza e fonte di crescita», e chi si indigna: «Manca solo che ora chiedano alle maestre di indossare il velo per non turbare emotivamente gli alunni di fede musulmana», interviene con un parere esterno il consigliere veneto di FdI Giulio Bonet. Dura critica dal ministro Salvini: «Mentre qualcuno vuole rimuovere i simboli cattolici, come i crocifissi nelle aule, per paura di “offendere”, in provincia di Milano una preside decide di chiudere la scuola per la fine del Ramadan. Una scelta inaccettabile contro i valori, l’identità e le tradizioni del nostro Paese». E l’eurodeputata leghista Silvia Sardone lancia l’allarme su «un pericoloso arretramento della nostra identità. Chiudendo le scuole per feste che non fanno parte della nostra cultura e della nostra storia diamo ancora più energia a quel processo di islamizzazione che si diffonde con forza. È una deriva inaccettabile». Solo «un atto di civiltà», invece, per la sindaca di Pioltello Ivonne Cosciotti. «Penso che l’istituto comprensivo, nell’autonomia scolastica, abbia fatto una scelta che ha senso e valore. Si cerca di tutto per creare dissapore, ma i bambini vanno a scuola insieme e sono più avanti dei genitori». Racconta di piccoli alunni «che in questo periodo chiedono di non mangiare certe cose perché i loro compagni devono digiunare. Ribadisco, sono più avanti dei genitori. E nella nostra scuola c’è anche il crocifisso. Le tradizioni sono rispettate».