Home SignIn/Join Blogs Forums Market Messages Contact Us

Se adesso le sinistre escono dalla Storia

4 ore fa 1
ARTICLE AD BOX

Suona per tutta la sinistra europea la campana del voto in Germania, che della socialdemocrazia è stata culla e modello. Non è un rintocco isolato: segue la sconfitta del socialismo scandinavo, la débacle italiana, l’illusione francese del Fronte Popolare. Lì non solo non ha retto l’ipotesi del governo, ma neanche la prova dell’opposizione. Quello tedesco è il rintocco più fragoroso per dimensioni e implicazioni: mai così male dagli albori del movimento operaio alla fine dell’Ottocento.

Difficile che la prospettiva della «grande coalizione» della crisi possa essere la soluzione, anzi rischia di amplificarla. La formula non è nuova: negli anni Sessanta del secolo scorso fu una scelta politica, non dettata dall’esigenza numerica. L’Spd, che accompagnò l’ingresso al governo con la svolta di Bad Godesberg, vinse al giro successivo con Willy Brandt. Durante l’era Merkel la «grande coalizione» fu invece la risposta all’ingovernabilità di un sistema già in via di destrutturazione. Ora è un accrocco emergenziale, magari senza alternative, ma tutto difensivo, contro il pericolo AfD e con la sfida di Trump squadernata che tonifica tutte le sue quinte colonne nei singoli Paesi per indebolire l’architettura europea. Un rischio, appunto. Lo è per l’esperimento in sé che non ha più alle spalle, come elemento di tenuta, il retroterra di un modello economico e sociale funzionante. Lo è per la socialdemocrazia in particolare perché la espone a una dinamica alla Weimar: l’eccesso di governismo le fa perdere identità, un’eccessiva agitazione fa il gioco degli sfidanti rimasti fuori.

Germania, Merz: "Ringraziamo gli elettori: è stato un grande successo"

È la fotografia una crisi esistenziale della sinistra, in un continente dove ormai è quasi cancellata o comunque marginale. Ovunque afona nelle parole, rinsecchita nel suo insediamento sociale, nevrotica nelle risposte, sempre chiuse nell’orizzonte nazionale. Anche la vicenda tedesca racconta di un disarmo innanzitutto culturale di fronte alla necessità di un radicale cambio di paradigma. Tutte le parole su cui la sinistra ha costruito la sua identità sembrano vuote in questo tornante della storia. Lo è la parola socialismo che, da moto di trasformazione fondato sulla critica dell’esistente, dell’esistente è diventata ordinaria amministrazione. Lo è la parola Europa, sulla cui perdita di soggettività politica, la sinistra ha le sue responsabilità. Alla fine degli anni Novanta, governava ben quindici Paesi dell’Unione, ma non ci fu una svolta vera nel processo di integrazione. Morale della favola: è arrivato prima il ciclo «austero» di Angela Merkel, poi il populismo che è entrato nelle periferie e nel ceto medio piegato dalla crisi, dal forgotten man del Mid West alle fabbriche della Renania, che da rosse si sono colorate di turchese.

La sinistra, ovunque, ha perso perché si è persa nella voragine tra antiche compatibilità, sospese solo durante l’era Covid per poi tornare ai vincoli di bilancio, e nuovi bisogni diventati nel frattempo rivolta. E se c’è una parola che, icasticamente, racchiude la perdita di un ruolo politico, nel mondo segnato dai conflitti, è la parola sicurezza. Secondo l’ultimo sondaggio del Washington Post la misura più apprezzata di Trump sono le deportazioni. È questo il mondo che ci è dato di vivere col suo nuovo «senso comune». Ed è qui che si consuma la crisi dei progressisti, incapaci di conciliare, per citare Marco Minniti, sicurezza e democrazia così come sul terreno economico sono incapaci di conciliare capitalismo e democrazia. Chi, come il Pd, ha la linea «open arms», braccia aperte perché è all’opposizione. Insomma, la denuncia solo umanitaria. Chi, stando al governo con i nervi tesi, scimmiotta la destra. Insomma, la deriva securitaria: Starmer posta le stesse foto di Trump; Scholtz dopo l’attentato di Solingen sospende Schengen e rimpatria 28 profughi afghani a Kabul, nonostante il governo dei talebani non abbia alcun rapporto diplomatico con la Germania. L’uno e l’altro si lasciano sedurre dalla soluzione dei Paesi terzi modello Albania che non funziona ma è un messaggio di maniere forti. E non ci vuole una Cassandra per prevedere che questo sarà un punto di programma della grande coalizione. Ecco, chi governa risponde con la logica dell’accordo politicante senza principi, chi sta all’opposizione, come in Italia, viaggia sul terreno simbolico, come se il popolo si agganciasse presentando disegni di legge o enunciando solo principi, senza calarli sul terreno delle politiche. Al governo ci pensa la destra, col protezionismo e i muri. Gli altri sono tutti fuori partita. E, se va avanti così, fuori dalla storia.

Leggi tutto l articolo