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Truppe Usa via dall?Europa, la sfida di Trump alla Nato: «Si ritirano 20 mila soldati». La minaccia russa e i rischi di destabilizzazione

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L’uragano Trump, che minaccia di ritirare dall’Europa ventimila militari americani, arriva nel momento più delicato, con la Russia che da tre anni sta combattendo contro un Paese come l’Ucraina, ai confini con la Ue e con la Nato. Eppure, la mossa del presidente americano ha, dal suo punto di vista e in continuità con quanto ha dichiarato in molte occasioni nell’ultimo, un senso: fare pressione sugli altri membri della Nato perché vadano a incrementare le spese militari fino al 5 per cento del Pil. E perché contribuiscano ai costi della presenza di truppe americane in Europa.

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Truppe Usa via dall'Europa

La notizia è stata riportata dall’Ansa, che cita una fonte diplomatica europea: c’è l’ipotesi che Donald Trump decida di ridurre il numero di truppe presenti in Europa di circa il 20 per cento. Sui numeri ci sono delle oscillazioni perché il dato complessivo di centomila (sulla base del quale si parla di un taglio di 20 mila) dipende molto dalle turnazioni. Un’analisi dettagliata dal Congressional Reserach Service americano, parla di 31 basi permanenti e altri 19 siti militari per una presenza complessiva di 80mila militari in Europa. Di questi, 35mila sono in Germania, oltre 12mila in Italia. Resta un dato inoppugnabile: il taglio del 20 per cento metterebbe a repentaglio la difesa in Europa di fronte alla minaccia russa. Spiega Marco Di Liddo, direttore e analista del Cesi (Centro stufi internazionali): «Se questa decisione sarà confermata, ci saranno contraccolpi operativi e politici. Quelli operativi possono essere controbilanciati da un maggiore impegno europeo. Certo, minacciare di ritirare parte dei militari americani proprio in questa fase di grande tensione geopolitica rappresenta un elemento destabilizzante. Dal punto di vista politico, il messaggio di Trump è chiaro: i Paesi europei devono lavorare sull’aumento della spesa militare al 5 per cento del Pil, investire nel settore della difesa. Trump su questo intende fare pressione».

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Il contributo

La fonte diplomatica citata dall’Ansa aggiunge un altro dettaglio sulla mossa del presidente Usa: «Per le truppe americane che resteranno, Trump vorrebbe un contributo finanziario da parte dei Paesi europei perché questi soldati sono un deterrente e i costi non possono pesare sulle spalle sui contribuenti americani. Questa volontà è stata espressa più volte da Trump nei colloqui con i leader europei». Rispetto all’epoca della guerra fredda e di un mondo diviso in due blocchi, c’è un cambiamento epocale, perché quello che un tempo rispondeva alla necessità americana di frenare l’espansione del blocco opposto, ora ha le caratteristiche di una sorta di servizio di protezione che l’Europa deve pagare. Resta molto difficile pensare che possa essere raggiunto in tempi brevi l’obiettivo fissato da Trump agli altri paesi membri della Nato di una spesa militare del 5 per cento del Pil (oggi è al 2). Ha ricordato il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto: «Non siamo ancora riusciti a raggiungere il 2 così come fissato ufficialmente ora. Il prossimo vertice della Nato sarà a fine giugno, vedremo se fisseranno un altro obiettivo».

Sfida

In Europa c’è chi accoglie l’invito di Trump: «Ha ragione a dire che non spendiamo abbastanza per la difesa - dice l'alto rappresentante Kaja Kallas - L'anno scorso i Paesi Ue hanno speso collettivamente una media dell'1,9 per cento mentre la Russia è al 9». Il commissario alla Difesa Andrius Kubilius: «La Lituania destinerà nei prossimi anni il 5-6 per cento alla difesa: io sono lituano e sarò dunque di parte ma credo sia quello di cui abbiamo bisogno». Marc Rutte, segretario generale della Nato, ipotizza che si possa arrivare al 3,6 per cento. Infine, il primo ministro polacco, Donald Tusk (presidente di turno della Ue): «Uno spazio comune per la difesa richiede finanziamento comune, è finita l’era della comodità. Non chiediamoci cosa possano fare gli Usa per la nostra sicurezza, ma cosa possiamo fare noi».

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