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"Tutto il resto è propaganda": liberazione di Cecilia Sala, la rosicata 'maxima' di Paolo Berizzi

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Alessandro Gonzato 11 gennaio 2025

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Rosiconi e acrobati. Tra quest’ultimi c’è Concita, capace di salti immortali. Concita è la De Gregorio, firma di Repubblica. Così Concita in tivù poche ore prima della liberazione di Cecilia Sala: «Hanno fatto una serie di pasticci incredibili... Se avessero coinvolto la Belloni, l’unica persona che sa quello che deve fare...». La Belloni, Elisabetta, è la direttrice dimissionaria del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. La penna rossa aveva sentenziato nello studio di “È sempre Cartabianca”, su Rete 4. Oplà: ieri  la De Gregorio si è data al contorsionismo estremo, le accuse di incapacità al governo sono sparite come gli stivali di Soumahoro. Titolo: “Per una volta hanno remato tutti insieme”. Svolgimento: «Bravi tutti quelli che hanno lavorato alla liberazione in questi venti giorni. Prima fra tutti questi», udite-udite, «Giorgia Meloni, che, anche lei, ha giocato una partita solitaria. Certo», spiega Concita nella rubrica “Invece Concita”, «in contatto e in accordo con chi poteva sostenerla, dunque con pezzi della macchina dello Stato e con chi, fuori dall’Italia, serviva allo scopo. Ma», qui l’acrobazia si fa pericolosa e stiamo col fiato sospeso, «l’ha presa in carico personalmente, è evidente, resterà agli atti. Una pagina anche per lei, nella sua biografia, storica. (...) Ora devono tacere le polemiche». Applausi dal pubblico.

Facciamo un salto dai rosiconi. La comitiva è guidata dal brioso Romano Prodi, il quale a “Otto e mezzo”, su La7, sfoggia delle gote rosso fuoco: «Esprimo la mia felicità», afferma, «per il ritorno di Sala, la stessa che ho provato quando liberammo il giornalista Daniele Mastrogiacomo. (...) A differenza della mia esperienza» - il Prodi frigge - «noi gioimmo tutti insieme, col ministro degli Esteri, il governo e anche i Servizi. C’era anche la dottoressa Belloni. Oggi», si rammarica, «è sembrato un evento molto solitario, solo della Meloni». Forse qualcuno non ha avvertito l’ex presidente che all’aeroporto di Ciampino il ministro degli Esteri c’era, a meno che non fosse un sosia di Antonio Tajani, ma lo escludiamo; Belloni non c’era perché si è dimessa; c’era però il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli. Aise, Agenzia informazioni e sicurezza esterna. Ah, a Ciampino c’era perfino il sindaco di Roma, il dem Roberto Gualtieri, che sbuca in tutte le inquadrature. Certo, all’aeroporto non c’era Prodi, e in effetti è una macchia.

È di nuovo il momento degli acrobati, di chi di colpo s’è risvegliato, diciamo così. Francesco Merlo, ancora su Repubblica, spicca il volo. Il giorno prima del ritorno della giornalista gigioneggiava: «La Meloni da Trump? Berlusconi quando si trovava tagliato fuori organizzava il siparietto personale della simpatia italiana come risorsa, riempiva il vuoto storico della nostra politica estera con lo spettacolo dell’amicizia». L’indomani della scarcerazione ecco che il Merlo cambia direzione. Titolo: “Cecilia Sala, studi sulla felicità...”. Testo: «Consiglio agli scienziati del Global Happiness Megastudy di usare come Manifesto della Felicità le foto di Cecilia Sala che, scesa dall’aereo, corre ad abbracciare il suo Daniele. Con quel viso affilato e gioioso mostra di che materia è fatta la felicità che ha seppellito anche il fanatismo dei suoi carcerieri.

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Apriamo insieme il cuore e diciamo l’indicibile: da quei 21 giorni di prigionia Cecilia è uscita più bella». Notevole pure la conversione, pardon, la contorsione di Massimo Giannini, l’ex direttore de La Stampa nemico pubblico numero uno del governo. «Alla fine chi ha vinto questa partita?», gli chiede Lilli Gruber.
«Decisamente Giorgia Meloni, va detto in maniera chiara. Tra l’altro le cose si erano messe particolarmente male, anche per questo non si può non sottolineare il risultato umano prima di tutto ma poi anche politico della presidente del Consiglio». Siamo al prodigio: «Direi che lei ha ottenuto il risultato in solitaria: se non fosse intervenuta lei credo che oggi staremmo raccontando un’altra storia e Cecilia sarebbe ancora in prigione». Va detto che ancora non ci risultano ravvedimenti operosi da parte di Rosy Bindi né di Rula Jebreal: pure loro avevano pontificato contro l’operato dell’esecutivo. Tocca al giornalista acchiappa -fascisti Paolo Berizzi, al quale serve un potente antiacido: «Meloni e Tajani hanno fatto soltanto il loro dovere, come hanno fatto in passato tutti coloro che li hanno preceduti. Tutto il resto è propaganda e conformismo». Tutto il resto è Berizzi.

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