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Ucraina, ecco perché la vittoria di Trump «potrebbe non essere un disastro»: affari, petrolio e la Cina. I tre punti chiave

21 ore fa 1
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L’Ucraina sta riorientando il suo «piano per la vittoria» per poter attrarre l’interesse del nuovo presidente Donald Trump, aumentando il potenziale di accordi commerciali, compreso accesso per Washington a risorse naturali e anche, in futuro, a truppe di Kiev. Queste proposte, confezionate su consiglio di alleati europei ma anche esponenti repubblicani con l’intento preciso di poter essere appetibili per il tycoon, sono state presentate dal leader ucraino Volodymyr Zelensky a Trump durante il loro incontro a New York lo scorso settembre. Stando a quanto è trapelato, Trump ha mostrato «interesse» in particolare per due idee: la prima prevede che Kiev, al termine della guerra, possa sostituire con suoi militari parte delle truppe Usa dispiegate in Europa, impegno che, come è noto, è poco gradito al leader dell’America first. La seconda idea, che sarebbe stata suggerita direttamente dal senatore Lindsey Graham, che è un grande sostenitore di Kiev e un grande alleato di Trump, prevede che Kiev sia disposta a condividere con partner occidentali le sue risorse naturali.

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Gli affari

Non solo. Esponenti del mondo dell’imprenditoria ucraino stanno discutendo con il governo la possibilità di offrire un potere di «screening degli investimenti», che darebbe essenzialmente la possibilità di decidere con chi possa fare affari l’Ucraina. Una fonte interna descrive l’idea con l’acronimo Abc, vale a dire «anybody but China», chiunque tranne la Cina, slogan che potrebbe avere un certo appeal per Trump. Al momento, le industrie ucraine dipendendo da tecnologie e materiali cinesi quindi, nell’ambito del piano, potrebbero rivolgersi a fornitori americani ed attirare così maggiori investimenti occidentali. Insomma, per diversi analisti l’ingresso di Trump alla Casa Bianca potrebbe avere ricadute positive per l’Ucraina. Una tesi sostenuta anche da Tatsiana Kulakevich, professore associato dell’Università della Florida del Sud, che al tema dedica un approfondimento. Tra i primi leader mondiali a parlare con Donald Trump dopo la sua vittoria elettorale del 5 novembre 2024 c’è stato il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. Congratulandosi con il presidente eletto degli Stati Uniti, Zelenskyy ha espresso fiducia nel «potenziale per una cooperazione più forte» tra le due nazioni. Altri sono meno sicuri. Per molti osservatori di politica estera la nomina di Trump, portatore di un atteggiamento tiepido nei confronti della Nato, di critiche sulla quantità di aiuti statunitensi inviati all’Ucraina e fautore di promesse per un accordo che ponga fine alla guerra in corso nell’Europa orientale, ha alimentato l’incertezza sull’impegno di Washington affinché sia fatto tutto il possibile per sostenere l’Ucraina nel respingere gli invasori russi. «Come studioso dell’Europa orientale capisco da dove provengano queste preoccupazioni. Ma offro anche una contro-opinione: che una Casa Bianca di Trump potrebbe non essere necessariamente una cattiva notizia per Kiev», afferma Tatsiana Kulakevich.

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Il ruolo della Nato

Spiega che è comune sentire Trump descritto come isolazionista, nazionalista e anti-interventista sulla scena mondiale. Ha incoraggiato tale visione attraverso varie dichiarazioni, come quando ha precisato che gli Usa si sottrarrebbero alla propria responsabilità di difendere un membro della Nato da un attacco russo se quel Paese non rispettasse i propri obiettivi di spesa per la difesa in linea con gli impegni dell’Alleanza. «Ma tale retorica è indebolita da fatti accertati e precedenti posizioni repubblicane», riflette Kulakevich. Nel dicembre 2023, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato una legislazione bipartisan che proibisce a un presidente di ritirare unilateralmente gli Stati Uniti dalla Nato, mantenendo la sicurezza e la stabilità sovraordinata dell’Europa nell’interesse del Paese. Gli Usa e l’Europa rimangono i mercati più importanti l’uno per l’altro. In quanto tali, gli Stati Uniti saranno fortemente motivati a mantenere un ruolo nella sicurezza europea finché l’instabilità in Europa potrà influenzare l’economia globale e statunitense. «Inoltre, non c’è nulla che suggerisca che la nuova amministrazione si discosterà da quelle di Obama e Biden nel vedere la Cina come la principale minaccia per gli Stati Uniti. E Pechino ha dato il suo sostegno al presidente russo Vladimir Putin durante i suoi sforzi militari in Ucraina», rimarca la docente. Secondo cui la cooperazione degli Stati Uniti con gli alleati in Europa rafforzerà anche Washington in Asia. La collaborazione militare diretta, come il coordinamento con gli inglesi per produrre sottomarini per l’Australia, è in linea con la strategia degli Stati Uniti per contrastare e contenere la minaccia della Cina nel Pacifico. Ciò segnalerebbe anche agli alleati degli Stati Uniti in Asia, come Giappone, Corea del Sud e Taiwan, che Washington è un partner di sicurezza affidabile in tempi di crisi.

Il petrolio

Per Tatsiana Kulakevich vanno poi approfonditi i rapporti personali. «Trump non è così intimo con Putin come spesso viene dipinto», spiega. Nel periodo precedente alle elezioni il neo presidente ha insistito sul fatto che, se avesse vinto, avrebbe portato la pace in Ucraina e ha definito Putin «genio» ed «esperto» per le capacità mostrate con l’invasione. Da parte sua Putin si è congratulato con Trump per la vittoria, lodando il suo «coraggio» in occasione dell’attentato. Mosca ha anche indicato di essere pronta al dialogo con il nuovo presidente repubblicano. Tuttavia, secondo Tatsiana Kulakevich, gli interessi economici rappresentano un ostacolo a un’alleanza più stretta. A quasi tre anni dall’attacco all’Ucraina, infatti, la macchina da guerra del Cremlino funziona ancora grazie alle entrate del settore energetico. Nonostante le sanzioni occidentali senza precedenti volte a limitare le vendite di petrolio russo, le esportazioni continuano: l’India, per esempio, è diventata il più grande acquirente di greggio russo trasportato via mare. E proprio in questo ambito la politica di Trump potrebbe danneggiare gli interessi del Cremlino. Il presidente Usa ha ribadito la promessa di introdurre un massiccio piano di trivellazioni per petrolio e gas sul suolo americano. E mentre potrebbe volerci del tempo prima che questo si traduca in prezzi più bassi a livello globale, una maggiore produzione dagli Stati Uniti, già il principale produttore di petrolio greggio al mondo, ha comunque un impatto. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca potrebbe inoltre tradursi in un’applicazione più severa delle sanzioni petrolifere statunitensi contro l’Iran, riducendo la capacità di Teheran di vendere armi alla Russia. L’Iran ha sostenuto la Russia sia diplomaticamente che militarmente dall’inizio dell’invasione e dal 2020 le sue entrate dalle esportazioni di petrolio sono quasi quadruplicate, passando da 16 miliardi di dollari a 53 miliardi di dollari nel 2023, segnala la U.S. Energy Information Administration. «È difficile prevedere cosa farà Trump, un leader notoriamente imprevedibile, una volta al potere - commenta Kulakevich - E la politica estera degli Stati Uniti può essere una macchina lenta, quindi non ci dovremmo aspettare svolte immediate o grandi sorprese. Ma c’è un’altra narrazione rispetto alle opinioni degli osservatori che hanno suggerito come la sua vittoria non prometta nulla di buono per l'Ucraina».

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