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Vannacci prende tempo: «Non faccio un partito, per ora». Ma poi non lo esclude: «Voi mi seguireste?»

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dal nostro inviato


VITERBO Sembrava tutto pronto, a Viterbo. Il nome, «noi con Vannacci», logo giallo-blu come il «noi con Salvini» da cui prende spunto. La campagna di tesseramento già partita (iscriversi costa dieci euro). E pure il merchandising, in vendita all'entrata dell'hotel Terme Salus dove in tanti, ieri sera, speravano nel battesimo della nuova creatura: magliette «griffate» col nome del generale e le due "bibbie" del vannaccismo, il bestseller il "Mondo al contrario" e il secondo capitolo "Il coraggio vince". Invece no: non lancia il suo partito, Roberto Vannacci. Anche se e sta qui il passo avanti non esclude di farlo presto. Sul punto il generale resta volutamente ambiguo. «Non ho mai detto che voglio fondarne uno: è un'altra invenzione della stampa di sinistra», sorride sornione l'eurodeputato leghista, arrivato in gran carriera da Strasburgo per chiudere la sua personalissima "Pontida" nel capoluogo della Tuscia. Poi però concede: «Per il futuro non escludo nulla. Non dico che lo farò, ma non vedo perché dovrei escludere un'opportunità. Come non escludo di poter imparare a fare la torta di mele». Un nì ulteriormente sfumato in una nube di suspance: «Non è questo il momento», dice (mentre la sala risponde con un grande "sì" corale alla domanda retorica dell'intervistatrice: «Sareste pronti a seguire il generale in una nuova avventura politica?»). «Oggi sono nella Lega», si schermisce lui. «Chi sta attorno a me condivide quello che dico, quindi condivide il fatto che io sia nella Lega». Domani, chissà.

APPUNTAMENTO RIMANDATO

In ogni caso la sensazione, in sala, è che l'appuntamento sia soltanto rinviato. Lo dice e non lo dice Umberto Fusco, ex senatore leghista e animatore della due giorni viterbese inizialmente convocata al centro sportivo Bullicame, poi spostata all'interno in tutta fretta causa pioggia. «Lo seguiremo finché sarà con Salvini. E lo seguiremo se dovesse lasciarlo». Sala piena, sì, ma che non straripa: i posti a sedere sono 350, i presenti una cinquantina in meno, a occhio e croce. E forse ci si aspettava qualcosa di più visto che nella Tuscia, su 9mila voti al Carroccio, il generale ha incassato più di 5mila preferenze.

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Tanti gli ex militari, come Fusco e Fabio Filomeni, altro ex parà pronto a trasformare (a novembre) la sua associazione culturale "Il mondo al contrario", nata ai tempi del Vannacci scrittore, in comitato politico. E poi il primo cittadino di Pennabilli, Mauro Giannini, arrivato a Viterbo dalla Romagna e già finito al centro delle cronache per essersi definito «il sindaco in camicia nera»: «Confermo, ma come omaggio agli Arditi della prima guerra mondiale...». Inevitabile la domanda sui due ciondoli che porta al collo: «Sono i simboli di due reparti militari, quello della X Mas e i battaglioni M». Tanti anche gli ex leghisti, come il tre volte deputato tre volte deputato della Lega ed ex presidente del consiglio regionale del Friuli Edouard Ballaman, Che nel pomeriggio, in attesa che la serata decolli, riunisce in una sala dell'albergo a porte chiuse i più attivi del movimento per il generale. «Dobbiamo capire come arrivare a più gente», è il messaggio: «Dovete scrivere e coinvolgere amici e conoscenti, parenti: ti piace Vannacci?». Ad ascoltarlo una ventina di persone, tra cui altri due ex eletti del Carroccio, Vito Comencini e Giuseppe Bellachioma. In sala intanto arriva pure l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, leader di Indipendenza. Anche lui pronto a seguire il generale, se e quando deciderà di rompere con un centrodestra «troppo schiacciato sulle posizioni filo-Nato e filo-Ue».
Si struttura sul territorio, il movimento vannacciano. E il generale non lo nega: «Da oggi parte una serie di altre riunioni di tutti quelli che si riuniscono attorno a quello che io diffondo, propongo e scrivo». Intanto «noi lo aspettiamo», assicura Ballaman. «E per quel momento ci faremo trovare pronti e preparati».

LE STOCCATE

Per la verità non pare che Vannacci abbia intenzione di distaccarsi tanto presto, dalla maggioranza. «Il governo sta bene e durerà fine alla fine della legislatura, rosicate pure», avverte. Anche se al centrodestra non risparmia stoccate. Dal no all'invio di armi a Kiev («Non sono un pacifista perché la guerra l'ho fatta, ma qui rischiamo la catastrofe termonucleare») alla «follia» Ius Scholae, proposto da Forza Italia. Applausi fragorosi. Un passaggio velenoso lo riserva pure all'azzurro Maurizio Gasparri, che con lui aveva polemizzato: «Io ho due master e parlo sette lingue. Lui non è laureato e ha sempre vissuto di politica». Il repertorio è quello consolidato, tutto giocato sulla provocazione («dei figli devono occuparsi il papà o la mamma, non i servizi per l'infanzia: controllare l'educazione è quello che fanno le dittature»). Con in più una serie di frecciate alla «stampa di sinistra» e ai «giornalisti con la barba come Che Guevara o Fidel Castro». Come la retrocessione da vicepresidente del gruppo dei Patrioti: «Interessa solo a loro. Non mi rattrista, continuo le mie battaglie». La priorità se fosse premier? «La sicurezza. Se fosse un Paese sicuro, l'Italia potrebbe essere la nuova Svizzera». Nel pubblico, intanto, c'è chi ci spera. Oggi no, domani forse. Vannacci, di solito prodigo di citazioni che rimandano al mondo "cameratesco", stavolta la riassume pescando da uno slogan pubblicitario. E prima del firmacopie, chiosa: «Chi mi ama, mi segua».

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