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A poche ore dalla perquisizione nella sua abitazione di Pompei, Maria Rosaria Boccia pubblica su Instagram una foto di due cellulari e la scritta «operativa». I carabinieri del Nucleo investigativo di Roma ieri hanno sequestrato all'imprenditrice il cellulare, un pc e gli occhiali smart utilizzati per fare filmati all'interno della Camera dei deputati.
Boccia è indagata dalla Procura capitolina per violenza o minaccia a corpo politico e lesioni aggravate dopo la denuncia presentata dall'ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. In altri messaggi postati sui social, Boccia ringrazia per i «moltissimi messaggi di affetto e solidarietà» e come sottofondo musicale sceglie "Io non ho paura" di Fiorella Mannoia.
Le accuse
Il capo di imputazione nei confronti dell'imprenditrice recita: «Esercitava minacce idonee a compromettere la figura politica e istituzionale di Gennaro Sangiuliano, all’epoca dei fatti ministero per la Cultura, in modo da turbarne l’attività e ottenere il conferimento della nomina a consulente per i Grandi Eventi, incarico di diretta collaborazione del Ministero».
La perquisizione
I carabinieri, durante la perquisizione domiciliare nell’appartamento, hanno sequestrato 15 device, tra cui tre cellulari, pc, tablet, diverse schede di memoria, chiavette usb e i famosi Ray-Ban “spia”. In un cassetto sono stati trovati infatti gli occhiali smart che l’imprenditrice, per sua stessa ammissione, in passato ha utilizzato per effettuare dei video all'interno della Camera dei deputati. Un’attività che l’è costata una sorta di Daspo dai palazzi della politica romana.
I magistrati capitolini dovranno ora analizzare il materiale a disposizione, a cominciare dalle chat scambiate da Maria Rosaria Boccia con Gennaro Sangiuliano. Ma la delega prevede che i militari possano cercare altri indizi in conversazioni che l’ex consulente dell’ex ministro ha intrattenuto con altre persone, nei limiti previsti ovviamente per l’utilizzo di corrispondenza che riguarda i membri del Parlamento. A tremare, quindi, sono anche altre persone che possono aver intrattenuto rapporti con l’imprenditrice, ricollegabili alla condotta sulla quale indaga la Procura di Roma.