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Fisco, concordato partite Iva riapre: decreto per spostare a metà dicembre la scadenza

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La volontà di andare avanti sul taglio dell’Irpef l’ha espressa direttamente il Presidente del consiglio Giorgia Meloni ai sindacati. Ma con i nuovi vincoli al bilancio pubblico, per ridurre ulteriormente le aliquote fiscali sarà necessario trovare delle coperture finanziarie sufficienti.

Ed è per questo che il governo ha deciso di riaprire i termini per l’adesione al concordato biennale preventivo. Un decreto legge per potare la scadenza dal 31 ottobre corso fino al 12 dicembre, dovrebbe essere esaminato già dal consiglio dei ministri di oggi.

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Il concordato fiscale riapre

Si tratta in pratica dell’accordo che le Partite Iva e gli autonomi possono siglare con il Fisco. L’Agenzia delle Entrate calcola in base ai dati in suo possesso i redditi “presunti” per quest’anno e il prossimo. Se il contribuente accetta il conteggio fatto dal Fisco, per 24 mesi non sarà soggetto a verifiche fiscali e ogni euro in più guadagnato sarà di fatto esentasse. Un patto reso ancora più appetibile dal fatto che sui maggiori redditi “emersi” dal calcolo dell’Agenzia delle Entrate, si paga una tassa piatta che varia dal 10 al 15 pere cento a seconda del voto ricevuto dalle Partita Iva, dai professionisti o dagli altri lavoratori autonomi nei cosiddetti indici di affidabilità fiscale, le “pagelle” rilasciate dall’Agenzia delle Entrate a queste categorie di contribuenti.

Fino alla sufficienza si versa il 15 per cento del maggior reddito dichiarato, tra il 6 e l’8 in pagella il 12 per cento e per i voti più alti solo il 10 per cento. Ma c’è anche un altra misura che il governo ha messo sul piatto per rendere il concordato ancora più appetibile: una sanatoria che copre cinque anni pregressi, dal 2018 al 2022, anche in questo caso versando aliquote ridotte tra il 10 e il 15 per cento solo su una parte dei maggiori guadagni emersi.

I RISULTATI

Come è andato il concordato fino ad ora e quali risultati si attende il governo dalla riapertura? All’appuntamento del 31 ottobre, secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate e del partner tecnologico Sogei, si sono presentati in molti, 522 mila contribuenti 402 mila dei quali fanno parte della platea dei 2,67 milioni di soggetti “Isa”, cioè quelli sottoposti alle pagelle fiscali. L’adesione insomma, è stata leggermente superiore al 15 per cento. L’incasso dell’imposta sostitutiva è stimato in 1,3 miliardi di euro, Irap compresa. Di questi 1,3 miliardi, 425 milioni sono somme che fanno riferimento all’anno 2024. Gli altri 865 milioni al 2025. Ben 160 mila delle 402 mila Partite Iva soggette alle pagelle fiscali, avevano un voto inferiore a “8”. Altri 103 mila contribuenti hanno un voto tra “8” e “9”, mentre ben 140 mila già erano perfettamente in regola con gli indicatori di affidabilità fiscale avendo il massimo dei voti. Questi ultimi hanno aderito incentivati probabilmente dalla possibilità di non versare tasse sui maggiori guadagni che prevedono per quest’anno e che vanno probabilmente oltre le previsioni del Fisco.

Ma quanti soldi conta di ricavare il governo dalla riapertura del concordato? L’obiettivo è riuscire ad aggiungere agli 1,3 miliardi già incassati gli altri 1,2 miliardi che mancano a raggiungere i 2,5 miliardi necessari a ridurre di due punti percentuali la seconda aliquota dell’Irpef, quella del 35 per cento che si applica ai redditi tra 28 mila e 50 mila euro. Il nuovo taglio dell’Irpef è la principale modifica che ci si può attendere che il governo apporterà alla manovra di bilancio.

I CONTEGGI

Si tratterebbe di un primo intervento sui redditi medi, quelli sulle cui spalle oggi grava buona parte dell’onere fiscale. Quali benefici comporterebbe un taglio di uno o due punti dell’aliquota oggi al 35 per cento, lo ha calcolato la Fondazione nazionale dei commercialisti. A 40 mila euro di retribuzione con un punto in meno di Irpef, il guadagno annuale, considerando anche il nuovo taglio del cuneo, sarebbe di 543 euro, che salirebbe a 627 euro con un’aliquota al 33 per cento. A 60 mila euro di retribuzione (che corrispondono a 54 mila euro circa di reddito imponibile), un lavoratore dipendente, con un taglio del secondo scaglione Irpef al 34 per cento, avrebbe un beneficio di 220 euro l’anno, che raddoppierebbe a 440 euro se la tassa sulle persone fisiche scendesse al 33 per cento. L’effetto del taglio dell’Irpef di farebbe sentire anche su autonomi e Partite Iva. Il beneficio andrebbe da 20 a 220 euro all’anno, per pensionati e autonomi che guadagnano da 30 mila euro in su (il massimo si toccherebbe a 50 mila euro). Beneficio che raddoppierebbe fino a 440 euro nel caso in cui il taglio dell’Irpef fosse di due punti percentuali. Il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33 per cento ha già trovato posto tra gli emendamenti alla manovra. A presentarlo è stata Forza Italia. Ma la sua concreta attuazione, dipenderà dai risultati che arriveranno dalla riapertura del concordato biennale.

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