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«Un uomo stava morendo davanti ai nostri occhi e nessuno faceva nulla per aiutarlo». Disorganizzazione e ritardi, raccontano i testimoni che hanno ripreso la scena e pubblicato i video, hanno reso ancora più drammatica la tragedia del Mar Rosso. René, un turista tedesco che ha assistito alla terribile morte di Gianluca Di Gioia, il romano ucciso brutalmente da uno squalo tigre il 28 dicembre nel resort di lusso Sataya a Marsa Alam, in Egitto, non si capacita di quanto accaduto: «Tutto questo è accaduto davanti alla famiglia di quell’uomo, la moglie urlava disperata. Mi fa arrabbiare quello che ho letto sui giornali internazionali, quando dicono che stava oltre le boe, che era in una zona vietata. Non è vero. Vorrei fare giustizia per lui e per i suoi cari».
L’INCUBO IN RIVA
Il ritardo dei soccorsi però è stato di certo il problema principale. La signora Fryzjer, una turista polacca che si trovava sul pontile, ripercorre i momenti drammatici: «Non c’era nessuno che agiva. Il personale dell’hotel è rimasto a guardare sulla banchina come tutti noi. Mi sono stupita ancora di più quando ho capito che il bagnino sul pontile non aveva le chiavi delle barche a motore o dei gommoni. In più chi possedeva quelle chiavi è arrivato in estremo ritardo». Poi aggiunge: «Ho visto l’uomo che è morto, che veniva estratto dall’acqua, ma nessuno sembrava sapere cosa fare». Una scena terrificante, che nemmeno i peggiori film possono concepire: «Il corpo veniva portato su un lettino da spiaggia, avvolto negli asciugamani, con la testa scoperta, senza alcuna dignità. Non c’erano barelle, né personale medico disponibile. Solo tanto caos».
I PROBLEMI
Una concatenarsi di guai – i soccorsi arrivati dopo parecchio tempo, l’assenza di un medico e la mancanza di attrezzature sanitarie necessarie – sono emersi come punti cruciali in questo dramma, lasciando molte domande senza risposta. Ancora scossa la donna polacca non si da pace: «Il medico è arrivato in ritardo, vestito con giacca e camicia. L’uomo deceduto è morto dissanguato. Non ho più guardato, a un certo punto ero traumatizzata. So solo che il corpo era completamente inerme». René, invece, il turista tedesco presente sul luogo dell’incidente, si dice miracolato, anche lui dentro l’acqua in quel momento: «Stavo facendo snorkeling quando il fischio del bagnino ha spezzato il silenzio. A quel punto sono riemerso e ho visto due uomini italiani in prossimità delle boe. Non capivo, non avevo visto lo squalo», racconta con voce tremante. «Poi, uno di loro è scomparso e il bagnino ha iniziato a fischiare ancora più forte, con insistenza. Quando l’altro uomo è riemerso, urlando in italiano, anche mia moglie ha iniziato a gridare e come lei altre persone in spiaggia, per farmi uscire immediatamente dall’acqua». L’agitazione sul pontile era palpabile: «I dipendenti dell’hotel tentavano di gestire la situazione senza successo, mentre la barca dei soccorsi è stata attivata troppo tardi». Anche René quindi conferma quanto detto dall’altra ospite del resort: «Entrambi gli uomini aggrediti sono stati trasportati su due auto elettriche, in assenza di un’ambulanza. Ho visto solo che uno di loro non aveva più l’arto inferiore ed era molto pallido. Un’infermiera sul posto ha poi annunciato che uno di loro era morto». E ancora. «Per me è stato gestito tutto in maniera poco professionale. Nessuno era preparato a quella situazione».
INDIGNAZIONE
«Il rapporto ufficiale - aggiunge il tedesco - dice che Di Gioia era fuori dall’area consentita per lo snorkeling, ma Peppino Fappani, intervenuto per aiutarlo, non sarebbe potuto arrivare oltre la boa. Erano vicino al molo. Mi chiedo perché la famiglia non abbia rilasciato una rettifica». Poi aggiunge: «Mi spaventa il fatto che le autorità egiziane affermino che stavano facendo snorkeling in una zona vietata. Loro erano in un’area designata». Fryzjer conclude: «Ho registrato questo video affinché tutti sappiano cosa è successo». Intanto Peppino Fappani, l’unico sopravvissuto, è stato dimesso ieri dall’ospedale e si prepara a tornare oggi in Italia come riportato dalla figlia Cristina al Messaggero. Nel mentre la Procura di Qusayr, in Egitto, ha avviato un’indagine sulla morte del 48 enne romano.